A tutti i costi
Rientrato in Italia dalla Germania, Giorgio Napolitano richiama all’ordine le forze le politiche alle prese con il rebus del dopo voto e la conseguente rissa. E frena le fughe verso prospettive che a quanto pare il Colle ritiene quantomeno prematuro indicare.
Premesso che il dibattito è ovviamente «libero» e che il capo dello stato lo segue con «rispetto», nella sua nota, scritta dopo aver letto con un certo disappunto i giornali della mattina, il presidente della repubblica sottolinea come nel dibattito in questione siano state «affacciate le ipotesi più disparate circa le soluzioni da perseguire». Fin troppo disparate, è il sottinteso: dal governissimo al governo di minoranza, dal ritorno alle urne subito fino a una fantomatica «proroga» di Monti e dello stesso presidente della repubblica. Il tutto accompagnato dal lancio di una manifestazione del Pdl contro le toghe. Così Napolitano chiosa: «Mi permetto di raccomandare a qualsiasi soggetto politico misura, realismo, senso di responsabilità ».
L’inquilino del Quirinale chiarisce che sarà lui a trarre le conclusioni: nella fase delle consultazioni si riserverà «ogni autonoma valutazione». E intanto richiama al «dovere di salvaguardare l’interesse generale e l’immagine internazionale del Paese, evitando premature categoriche determinazioni di parte». Insomma – è il messaggio inviato a tutti e in quest’ultima parte soprattutto a Beppe Grillo – nessuna chiusura, nessuna preclusione. E il richiamo è rivolto anche a chi – come ancora sul Corriere della sera di ieri Walter Veltroni – insiste per un suo secondo mandato al Colle.
Che l’obiettivo di Napolitano sia la formazione di un governo piuttosto che nuove elezioni, lui stesso lo aveva già chiarito. Ma se appunto il capo dello stato chiede di abbandonare le preclusioni, allo stesso tempo non sembra voler avallare l’ipotesi di un Pier Luigi Bersani che va a chiedere la fiducia senza rete. E poi c’è il Pdl, che legge nelle parole del presidente un riconoscimento del suo peso e ruolo: «Siamo una forza che non può non essere presa in seria considerazione per le possibili soluzioni di governo. Il presidente Napolitano ha fatto considerazioni assai serie».
Ma per il momento, né Bersani né tantomeno Grillo guardano al Pdl. Il segretario del Pd insiste con la sua «sfida» al leader del Movimento 5 Stelle. Ieri è stata anticipata dal settimanale tedesco Focus un’intervista all’ex comico sulle prime interpretata come un’apertura – in realtà del tutto campata in aria – al governissimo: «Se Bersani e Berlusconi proponessero l’immediata modifica della legge elettorale, la cancellazione dei rimborsi e la durata massima di due legislature per ogni parlamentare, sosterremmo ovviamente subito un governo del genere…». Ma «non lo faranno mai, stanno solo bluffando per guadagnare tempo». Più tardi Grillo chiarisce: «Nessuna fiducia a nessun governo». Più che altro, insomma, dalla dichiarazione a Focus si capisce che comunque vada l’M5S accuserà i due partiti: di solito inciucio in caso di larghe intese, di non avere voluto approvare le riforme utili al paese nel caso di un ritorno a breve alle urne, rispetto al quale Grillo sembra dunque mettere le mani avanti, perché non è detto che a quel punto rifarebbe bingo. Non a caso ieri Il Fatto titolava: «L’ultima ideona, il ritorno alle urne».
Dal canto suo Bersani non si perde d’animo e non risponde a chi, anche tra i suoi, mette in conto un passo indietro del segretario. Continua invece a «sfidare» Grillo: «Voglio fare una legge sui partiti e sono pronto a discutere del finanziamento ai partiti – dice a Presadiretta -. Adesso si può e dico a Grillo: finanziamento ok, però tu adesso mi spieghi, quando facciamo la legge, com’è la trasparenza e la partecipazione, come si eleggono gli organismi dirigenti, com’è il codice etico per le candidature. Parliamo di democrazia, non ci può essere l’uomo solo al comando». La «sfida» dunque è anche agli eletti di M5S, che oggi e domani si riuniranno in un luogo “segreto” con il leader. Ma se anche mercoledì dalla direzione del partito Bersani otterrà il mandato a provarci fino in fondo, una volta salito al Colle la «sfida» potrebbe finire in ritirata.
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