by Sergio Segio | 27 Febbraio 2013 9:47
ROMA — «È necessario che i partiti facciano in fretta, i mercati non aspettano la liturgia della politica, non ci daranno tempo fino a marzo per dare una risposta sul futuro governo». Quando a mezzogiorno a Palazzo Chigi si riunisce il gabinetto di emergenza formato da Mario Monti, Ignazio Visco, Vittorio Grilli ed Enzo Moavero, i listini di Piazza Affari hanno già iniziato a franare. L’ingovernabilità , insieme a una vittoria di Berlusconi, era lo scenario che i partner europei e i grandi investitori stranieri vedevano con terrore. Dal governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, al ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, la conclusione è la stessa: «È la politica a dover dare una risposta rapida, a dover dare l’indicazione di come l’Italia sarà governata ». Altrimenti si rischia la tempesta perfetta. E Monti si muove per evitarla: oggi sarà a Bruxelles anche per provare a rassicurare sul futuro del Paese e intanto studia un Memorandum da consegnare al suo successore per garantire che l’Italia prosegua sulla via del risanamento e delle riforme.
La premessa condivisa a Palazzo Chigi è che il Paese debba evitare di infilarsi in una nuova crisi di sfiducia perché questa volta potrebbe non reggerne l’urto. Le riserve ci sono, dopo il risanamento avviato dal governo tecnico l’Italia è più solida rispetto al novembre 2011, ma sono le condizioni politiche a rendere pericolosa la situazione. Al termine del vertice una nota del governo spiegava che Monti «verrà informato (sull’andamento dei mercati, ndr) sulla base del consueto monitoraggio». Ma la questione è un’altra. Si teme che l’inedito scenario di ingovernabilità si riveli letale. E nei palazzi del governo nessuno vuole essere costretto a chiedere l’attivazione dello scudo antispread della Bce. Se con un esecutivo in carica negoziare le condizioni per l’intervento dell’Eurotower è uno scenario da brivido (a rischio c’è l’imposizione di ricette greche e l’espropriazione della sovranità nazionale), per un Paese senza governo e con il Capo dello Stato a fine mandato imboccare la strada del memorandum europeo è impensabile: non ci sarebbe nessuno in grado di dare garanzie sulle riforme e sul futuro in cambio dell’acquisto dei titoli di Stato e dunque le condizioni alle quali l’intervento verrebbe sottoposto sarebbero proibitive.
Oltretutto l’allarme che ieri aleggiava nello studio di Monti è che il peggio debba ancora arrivare: «Il giorno dopo le elezioni i mercati vedono se la politica dà risposte, ma in assenza di una soluzione rapida all’ingovernabilità l’ondata di sfiducia sarà ancora più forte». Per questo i timori di Bankitalia e del Tesoro non guardano tanto all’asta di Btp di oggi (si dà per certo che i tassi saranno in salita, ma sostenibili), quanto alle prossime settimane. «Più si aspetta peggio è, i mercati vanno più veloci della politica e fermeranno l’ondata di sfiducia solo se ci saranno risposte in tempi normali». Ecco perché la valutazione comune è questa: «È necessario che i partiti indichino il più presto possibile, e comunque prima dell’avvio formale delle consultazioni, una via d’uscita. Non si può aspettare e cercare una soluzione concreta solo quando, il 15 marzo, si sarà insediato il Parlamento. Bisogna farlo prima. Altrimenti rischiamo di non farcela». Questo il messaggio che nelle ultime ore è filtrato tramite canali
informali verso i capi dei partiti.
Uno scenario allarmante nel quale si innesta l’ipotesi di un “Memorandum interno” al quale sta lavorando Monti. Gli uffici di Palazzo Chigi stanno preparando una serie di documenti che ricordano quanto fatto dall’esecutivo tecnico e quanto resterebbe da fare. Un esercizio normale quando un governo si appresta a lasciare. Ma Monti – nella veste di premier uscente, non di leader di Scelta Civica – sta pensando di tramutarli in un vero e proprio Memorandum da lasciare in eredità al suo successore per indicargli le politiche della sua agenda da proseguire per riformare il Paese e che l’Europa si aspetta dall’Italia a prescindere da chi governerà . A Palazzo Chigi ritengono che sarebbe la base minima per evitare, sempre che la svolta drammatica non sia necessaria prima, una richiesta di aiuti europei. Operazione che gli uomini di Monti intendono completare con un accordo del Capo dello Stato. Se Napolitano avallasse l’idea, porrebbe i temi dell’agenda durante le consultazioni. Un modo, sperano i montiani, di indirizzare verso un sicuro cammino europeo la prossima coalizione di governo a prescindere da chi vi parteciperà .
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