Un povero e autonomo godimento

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Sono passati otto anni da quando Zygmunt Bauman mandò alle stampe un lungo saggio sull’amore nelle società  contemporanee. Come era prevedibile, l’amore non poteva che essere liquido, proprio come la modernità  che l’intellettuale di origine polacca si è proposto di vivisezionare. Un testo, pubblicato allora da Laterza, che suscitò non poche perplessità  tra gli estimatori di Bauman. Eppure era in perfetta sintonia con la tradizione teorica a cui l’autore ha sempre affermato di attingere.
Già  agli inizi del Novecento Georg Simmel aveva dedicato all’amore uno dei suoi testi più riusciti. Lo stesso aveva fatto, qualche decennio prima, il francese Emile Durkheim, mentre George Bataille sull’amore si dilungò a lungo in un clima dove il legame tra amore e erotismo era fortemente indebolito dalla crisi da quella «istituzione» sopravvissuta alla modernità  che era la famiglia. Per Bauman, parlare di amore significava parlare di fine della famiglia patriarcale e del proliferare di relazioni sentimentali «a tempo determinato» che non contemplavano più l’adesione alla formula recitata dai depositari del potere spirituale: «finché morte non vi separi».
Amplessi pràªt-à -porter
Ora Bauman – a Roma per partecipare a un incontro organizzato dall’università  privata Lumsa in collaborazione con l’associazione Stampa romana – affronta un tema collegato all’amore. Si tratta de Gli usi postmoderni del sesso (Laterza, pp. 84, euro 10), libro che ha lo stile del pamphlet, ma che di scandaloso ha ben poco. Il sesso ha una funzione essenziale nella riproduzione delle specie e, per molti secoli, la sessualità  è stata affrontata come l’attività  propedeutica alla riproduzione. Ma qui interviene già  la prima incongruità . Il sesso è atto teso alla riproduzione dell’animale umano, ma è stato rivestito di ulteriori significati che hanno scandito, e qualificato, le relazioni umane o i rapporti uomo e donna. Sono questi significati ad essere mutati nel corso del tempo, esemplificati dalla fine della famiglia patriarcale, «evento» che ha determinato la legittimità  di comportamenti, preferenze, scelte sessuali che non coincidono con un orientamento eterosessuale o con la monogamia.
Così come l’identità  è un patchwork che viene costruito attraverso esperienze sempre legate a una contingenza e al mutare dello stile di vita inseguito come «oggetto del desiderio», anche il sesso è commisurato a un’attitudine pràªt-à -porter che vede cambiare nel tempo partner. Ma ciò che è cambiata nel profondo è la manifestazione del desiderio, messo sempre in ombra dall’amore e dall’erotismo. Il desiderio assume una radicale autonomia, che corre però il rischio della sua atrofia nella ricerca spasmodica del suo soddisfacimento. L’amore e l’erotismo, da sempre al centro della scena sentimentale, sono così spinti sullo sfondo.
Questa agognata autonomia del desiderio fa sì che il sesso perda l’aura di mistero, di intimità  che ha avuto da sempre nelle relazioni amorose. Ogni volta che il singolo ritiene di aver soddisfatto un proprio desiderio, tende a rinnovarlo, in una dinamica che ricorda il criceto che corre in una ruota ma non la manifestazione di un sentimento. Il godimento nell’atto sessuale, o la soddisfazione del desiderio, sono cioè momenti effimeri, che per Bauman sono consumati al pari di ogni oggetto acquistato al mercato. È per questo motivo che la vendita di materiale pornografico ha avuto una crescita così evidente.
È altresì evidente che il piacere di rendere pubblica la rappresentazione del desiderio e del godimento si manifesta nella pornografia attraverso la diffusione senza fini di lucro di video amatoriali dove è appunto centrale la messa in scena del godimento o di un desiderio finalmente appagato. Oppure, come è accaduto per il nostrano «bunga-bunga» dove l’ostentazione del desiderio sessuale è propedeutica a un ordine del discorso reazionario.
Ma anche in questo caso, non c’è vera discontinuità  rispetto al recente passato. La modernità  liquida assegna sì autonomia e libertà  di espressione al desiderio, ma così facendo lo ridimensiona, lo «secolarizza», facendogli perdere quell’aura di «sacralità » che ha sempre avuto.
Misere esperienze
L’esito non voluto è dunque un impoverimento del desiderio. Meglio una perdita del carattere sovversivo che ha sempre avuto, se con sovversivo si intende la capacità  di mettere a nudo le asimmetrie di potere esistenti nella sessualità . In altri termini, la modernità  liquida mette sull’altare il desiderio, ma così facendo lo ridimensiona. E non è certo un mistero che schiere di filosofi, psicoanalisti e custodi del potere temporale della chiesa non fanno altro che ripetere, come un mantra, la necessità  di ricostruire un ordine del discorso che riconduca all’ovile il desiderio, ripristinando la triade amore, erotismo, desiderio, dove i primi due aspetti devono neutralizzare, nella riedizione di relazioni monogamiche, il convitato di pietra rappresentato dal sesso. Un ritorno all’ordine destinato però all’insuccesso. È lo stesso Bauman a pronosticarlo, con parole nostalgiche rispetto l’ordine perduto, quando elenca tutti i tentativi di definire giuridicamente i decaloghi dei comportamenti politicamente corretti nelle relazioni sentimentali e sessuali.


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