Tv, le mani del Fondo Clessidra su La7

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MILANO — Il gruppo Ti Media sta per finire sotto il controllo del Fondo Clessidra, fondato dall’ex amministratore delegato di Fininvest Claudio Sposito. La vendita da parte di Telecom Italia doveva già  avvenire giovedì scorso, quando il cda aveva esaminato le offerte vincolanti giunte al termine di un processo partito nel giungo 2012. E, a quanto si apprende ora, la maggioranza dei consiglieri si era già  espressa a favore della proposta di Clessidra preferendola a quella di Cairo Communication. Ma alla fine, al momento della votazione, è arrivato il colpo di scena inaspettato. Il presidente Franco Bernabè ha chiesto ai consiglieri di amministrazione espressione di Intesa Sanpaolo e Mediobanca una dichiarazione scritta del loro conflitto di interessi ai termini della legge Vietti del 2003.
Intesa è ufficialmente, insieme alla Merrill Lynch, l’advisor finanziario di Clessidra, il potenziale compratore. E Mediobanca invece ha assistito la stessa Telecom in tutta la procedura di vendita, sempre nel ruolo di advisor. Nel momento in cui dovevano votare nella veste di azionisti Telecom, sia Intesa che Mediobanca potevano dunque essere in conflitto, ma dovevano dichiararlo e il cda avallare la votazione con una motivazione scritta. Di fronte alla richiesta di Bernabè, Gaetano Miccichè, Elio Catania, Renato Pagliaro e Tarak Ben Ammar hanno preferito prendere tempo. Probabilmente per consultare i loro legali. Fatto sta che il giorno dopo, venerdì, a Bernabè è stato chiesto di riconvocare il cda che ora è in programma per lunedì 18. Se il problema dei conflitti di interesse verrà  superato, l’aggiudicazione a Clessidra sarà  scontata, a meno che non arrivi all’ultimo momento un’altra offerta vincolante dalla cordata che Diego Della Valle sta cercando di mettere insieme.
La scelta di vendere Ti media e La7 a Clessidra ha una doppia motivazione, economica e politica. Dal punto di vista finanziario permette a Telecom di abbassare il debito consolidato di 80-100 milioni, di evitare perdite future ed aumenti di capitale. Il beneficio complessivo per Telecom sarebbe un miglioramento del rapporto debito/ebitda di circa 220 milioni. Risultato che non fa certo male in un momento in cui il gruppo telefonico ha i riflettori delle agenzie di rating puntati addosso per un declassamento del credito (già  arrivato da parte di Moody’s).
Nello stesso tempo, sul piano politico, la scelta toglie dalle spalle delle banche una grana politica favorendo comunque il centro destra di Berlusconi che è più vicino ai nuovi acquirenti. In mano a Sposito sarà  ben difficile che il polo tv possa adottare una politica commerciale aggressiva tale da intaccare il target pubblicitario difeso a spada tratta da Mediaset e da Berlusconi.
Bernabè ha tentato fino all’ultimo di evitare questo esito, invocando il valore della libertà  per La7 e mettendo anche a repentaglio i suoi rapporti con gli azionisti, ultimamente molto tesi. La priorità  data agli investimenti industriali di Telecom a scapito dei dividendi ormai ridotti ai minimi termini, il calo subìto dal titolo e i dubbi sullo scorporo della rete stanno convincendo gli azionisti che un cambio del management sia necessario. Mediobanca, Intesa e Generali necessitano di una gestione più finanziaria e si stanno preparando, nel dopo elezioni,
a buttare nella mischia un tandem formato da Lorenzo Pellicioli e Paolo Bertoluzzo (oggi ad di Vodafone Italia). Una coppia in grado di fare l’accordo con la Cdp sulla rete scaricando l’onere degli investimenti industriali in parte sul colosso statale. Il titolo Telecom verrebbe rivitalizzato con operazioni di finanza straordinaria che hanno sempre contraddistinto la gestione di Pellicioli, dalla Seat a Lottomatica a GTech, con fortune alterne.


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