Tregua tra Bertone e Bagnasco per fermare l’ascesa di Scola così cambia la mappa del potere

by Sergio Segio | 13 Febbraio 2013 8:27

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ROMA — Come se nulla fosse. Spumantini, fritti, inchini e baciamani. A palazzo Borromeo due nomenklature in uscita — quella del governo italiano e quella della Curia vaticana — provano a far finta che non sia accaduto nulla.
L’ambasciatore Francesco Maria Greco, padrone di casa, ammette che sul ricevimento per i Patti lateranensi aleggia «una certa malinconia», e tuttavia il
trauma delle dimissioni di un Pontefice romano e la gigantesca lotta di successione appena iniziata restano come un’ombra sullo sfondo. Non se ne parla, se non per frasi di circostanza. È soltanto quando i bilaterali ufficiali sono terminati e il capo dello Stato ha lasciato la sala che la scena cambia improvvisamente. Due cardinali, Bagnasco e Bertone si staccano dal gruppo e si appartano in fondo al salone rinascimentale. Le chiacchiere dei conciliaboli proseguono ma quasi sottovoce, tutti gli occhi sono puntati su due principi della Chiesa che potrebbero tra un mese vestirsi di bianco. Annuiscono, sembrano intendersi. È una fotografia che deve restare impressa nella mente di tutti: due uomini che per lungo tempo hanno rimarcato le loro differenze, ribadiscono in pubblico il loro asse. Il salesiano Bertone, pratico, forse fin troppo per ricoprire l’incarico di Segretario di Stato. E il presidente della Cei, una formazione nella Genova del cardinale Siri e un’importante esperienza come ordinario militare.
Nell’ora decisiva quelle due strade convergono. Come è già  accaduto al tempo di togliere il sostegno a Berlusconi. «Un incontro sereno e certamente molto significativo », lo definisce Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa e naturalmente uno degli uomini più vicini a Ratzinger. L’incontro «molto significativo» è quello tra le delegazioni italiana e vaticana ma anche implicitamente quello tra i vertici del Vaticano e della Chiesa Italiana. «Fino al 28 febbraio siamo sotto il governo del Sommo Pontefice», sottolinea Bertone. Un fatto risaputo ma anche una dichiarazione di fedeltà . Perché i prossimi giorni non saranno semplici nel day after dei Palazzi Apostolici.
Verrà  il momento in cui i porporati italiani dovranno guardarsi negli occhi e decidere se sono in grado di trovare un candidato comune. Non si tratta solo di provare a decidere chi sarà  il futuro Papa ma anche di stabilire quali saranno i rapporti interni alla Curia del dopo Ratzinger. Una candidatura forte è certamente quella di Angelo Scola, attuale arcivescovo di Milano. Ma per raggiungere lo scopo non si potrà  prescindere dalla scena «molto significativa» di ieri pomeriggio. Difficilmente Bertone potrà  aspirare a succedere a Ratzinger ma avrà  un ruolo decisivo nel conclave. E non tutti gli italiani, nemmeno l’area conservatrice vicina a Sodano, sembrano disposti a consegnare la Chiesa a un cardinale come Scola che, pur avendo dimostrato recentemente una notevole autonomia, proviene comunque da Comunione e Liberazione. Vecchie ruggini tra congregazioni, vocazioni diocesane e movimenti. Ma anche rumors sul coinvolgimento dei movimenti e dell’Opus Dei nello scandalo Ior e nella vicenda Vatileaks. La premessa insomma è quella di una divisione al punto che ieri un cardinale un tempo vicino a Sodano confessava: «Un papa italiano? Vedremo. Ci sono anche tanti bravi stranieri ». E ieri, in ambasciata, mostrava un notevole attivismo il ministro Andrea Riccardi, fondatore della potente comunità  di Sant’Egidio, certamente uno dei player nell’elezione del nuovo Papa. Chi sosterrà  Sant’Egidio? «Bisognerà  stare attenti a quel cardinale che accetterà  l’ospitalità  della Comunità  durante il Conclave. Quello — spiega uno dei partecipanti al ricevimento — sarà  il prescelto».
Angelo Scola ha avvertito questi movimenti? Di certo due ore dopo l’incontro tra Bertone e Bagnasco, parlando a Milano in occasione dell’ottavo anniversario della morte di don Giussani, fondatore di Cl, il cardinale ha sottolineato che «al recente Sinodo dei Vescovi il Papa ha legato la parola confessione alla parola martirio, cioè al pagare di persona». «L’umile gesto sorprendente compiuto da Benedetto XVI — ha proseguito Scola — non dilata forse il nostro modo di conoscere che cosa sia una vita piena che sa stare di fronte a Gesù, destino dell’uomo? ». Parole che rendono omaggio al gesto di Benedetto XVI e sembrano respingere la polemica di chi ha accusato il Papa dimissionario di aver voluto «scendere dalla Croce». Per Scola invece quello di Ratzinger è un gesto di martirio. Un modo anche per scongiurare ogni ipotesi di divisione tra i vertici della Chiesa sull’interpretazione delle clamorose dimissioni del Papa.
E proprio per dare una rappresentazione plastica dell’unità  dei cardinali con il Papa, che spazzi via l’immagine di una Curia dei veleni, in Vaticano stanno pensando di organizzare un grande evento per «salutare» Ratzinger. Ieri ne hanno iniziato a discutere Bagnasco e Bertone, convenendo che sarà  la Santa Sede ad occuparsene. Basterà  la festa d’addio al Papa a spazzare via i sospetti sulle vere ragioni che l’hanno portato ad abdicare?

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