by Sergio Segio | 12 Febbraio 2013 18:25
Si è conclusa con un corteo la settimana di mobilitazione dei lavoratori del sociale a Torino. Famiglie, cooperative, associazioni e cittadini hanno fatto sentire la propria voce sfilando in giallo per le vie del centro: “spremuti come limoni”, eppure si continua ad andare avanti. Perché non si possono lasciare senza risposta le domande di dignità e giustizia delle persone. Abbiamo raccolto alcune interviste durante la manifestazione del 9 febbraio.
Le cooperative sociali e le associazioni del Terzo settore che si occupano di salute mentale, dipendenze, handicap, emarginazione, immigrazione, minori, anziani, adulti in difficoltà , assistenza alle vittime di violenza e di tratta si sono mobilitate attraverso manifestazioni e presidi per denunciare la grave crisi di liquidità che rischia di portare alla chiusura di molti servizi.
Insieme, per una settimana, hanno protestato contro i mancati pagamenti da parte delle Asl, dei servizi erogati nel 2011, chiedendo molto semplicemente quello che spetta loro per poter continuare ad offrire aiuto.
Il Gruppo Abele ha aderito a questa denuncia, scendendo in piazza per unirsi al coro (molto spesso inascoltato) di chi opera nel Terzo Settore: il welfare riguarda tutti, non solo chi si trova in una condizione di disagio, necessità o bisogno. Il welfare è l’espressione di uno Stato civile e democratico, in cui i diritti di ogni cittadino sono rispettati e tutelati.
<Nel caso specifico della nostra associazione – spiega Laura Carletti, responsabile dei servizi a bassa soglia del Gruppo Abele – a fronte di servizi erogati presso le strutture di accoglienza, la Regione, tramite le Asl, deve saldare fatture per 920 mila euro. Strutture che ospitano persone dipendenti da sostanze, spesso anche in coppia e con figli, persone con problemi di salute gravi>.
Per l’inserimento delle persone in comunità , l’Asl interviene con il pagamento di una retta giornaliera che va a coprire i costi degli operatori che sono presenti 24 ore su 24, i costi vivi della struttura, il vitto, gli accompagnamenti, i farmaci, l’igiene e i supporti psico-sociali e terapeutici specialistici. Senza questo contributo le comunità sono in grave difficoltà , rischiano di non poter più offrire la giusta accoglienza alle persone e di non riuscire più a pagare il personale presente.
Per questi motivi, per poter continuare a offrire con la giusta serenità il nostro impegno siamo scesi (e scenderemo) in piazza.
Perché la mobilitazione non finisce qui. In Regione si è aperto un tavolo di crisi, attraverso cui le associazioni e le cooperative sociali possano riprendere un dialogo con gli enti pubblici che da troppo tempo si è interrotto.
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