Sfida atomica di Kim all’America

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PECHINO — La Corea del Nord gioca col fuoco nucleare. I tecnici militari del «regno eremita» hanno fatto esplodere un ordigno e la loro prodezza è stata scoperta a Pechino, Seul, Tokyo ieri per un terremoto originato a circa un chilometro di profondità , valutato a 4.9 gradi sulla scala Richter: in una regione che non è soggetta a eventi sismici la terra ha tremato per un minuto. Una nuova prova della frustrante mancanza di informazioni certe sui piani del regime vetero-stalinista di Pyongyang.
La conferma nordcoreana è arrivata tre ore dopo: «È stato impiegato un dispositivo nucleare miniaturizzato, più leggero, con potenza esplosiva maggiore rispetto ai precedenti test», ha annunciato la Kcna, agenzia di notizie del Nord. Il riferimento è alle due esplosioni sotterranee del 2006 e del 2009 e «miniaturizzare» un ordigno nucleare significa poterlo ridurre a dimensioni tali da poterlo caricare sulla testata di un missile. Quanto ai missili, Pyongyang ne ha lanciato uno a dicembre.
Secondo le prime valutazioni l’esplosione ha avuto una potenza doppia rispetto a quella del 2009. E non sembra casuale che la sfida sia arrivata proprio nel giorno in cui il presidente americano Barack Obama tiene al Congresso il suo discorso sullo Stato dell’Unione, dopo aver fatto sapere che uno dei suoi punti forti è la promessa di ridurre ulteriormente l’arsenale nucleare Usa. La contemporaneità  sembra una beffa ordinata dal dittatore nordcoreano Kim Jong-un, anche se il Dipartimento di Stato ha fatto sapere di essere stato avvisato in anticipo.
Per la diplomazia cinese invece è uno schiaffo: il test infatti è il primo dell’era di Kim Terzo (il ventinovenne capo del regime, al potere dal 2011, è figlio e nipote di dittatori) e viene dopo che Pechino aveva lanciato appelli a non destabilizzare il quadro regionale.
La Cina, grande padrino della isolatissima Corea del Nord, aveva cercato in ogni modo di evitare la provocazione, promettendo aiuti economici all’alleato, minacciando di ridurli, annunciando che le relazioni sarebbero state riviste, arrivando a dire che Pyongyang avrebbe dovuto «pagare un prezzo alto». La stampa di Pechino, negli editoriali ispirati dal Partito, aveva ammesso addirittura che «la diplomazia cinese rischia di finire spalle al muro». E a quanto pare è successo.
«All’inizio, la Cina aveva dato al giovane Kim un caloroso benvenuto. Ma la risposta è stata ingrata», spiega Jin Canrong dell’Università  Renmin di Pechino. «Il problema è che noi cinesi vediamo in Pyongyang un alleato cruciale per tenere a distanza le truppe americane stanziate in Corea del Sud e Giappone. E siamo anche preoccupati da un crollo del regime che potrebbe spingere un’ondata di profughi oltre i nostri confini». La caduta del regime, la riunificazione della penisola coreana, porterebbe anche gli americani, alleati del Sud, a un passo dal territorio cinese. Di fronte a questo dilemma, il ministero degli Esteri di Pechino ieri ha cercato un difficile equilibrio, limitandosi ad esprimere la sua «ferma opposizione» all’avventurismo nucleare.
Dura invece la reazione di Washington: «Gesto minaccioso per la sicurezza americana e altamente provocatorio»; di Seul: «Saranno isolati ancor di più»; perfino dell’altro paria internazionale, l’Iran: «Nessun Paese dovrebbe avere armi atomiche».
Con queste premesse si è riunito d’urgenza il Consiglio di Sicurezza dell’Onu che ha condannato all’unanimità  (quindi anche con il voto di Pechino) l’esperimento di Pyongyang. Ma in realtà  restano poche sanzioni ulteriori che si possano infliggere al più imprevedibile Paese del mondo. In Corea del Nord sono presenti pochissimi gruppi industriali internazionali, come gli egiziani Orascom per le telecomunicazioni e gli svizzeri Kempinski per gli alberghi. Pechino ha fatto passare le prime sanzioni (pur non applicandole) ma non sembra nelle condizioni di andare molto più in là : i cinesi estraggono minerali nel «regno eremita» e guardano ai porti nordcoreani come a uno sbocco essenziale per lo sviluppo delle sue regioni nordorientali. Kim Terzo spera che la potenza cinese sia veramente con le spalle al muro.
Guido Santevecchi


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