Sequestro Abu Omar, la procura chiede 12 anni per Pollari

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ROMA. Come si può classificare il «caso Abu Omar»? Per il sostituto procuratore generale di Milano Pietro De Petris non ci sono dubbi: il rapimento dell’ex imam della moschea di Milano, avvenuto nel 2003 , fu «un crimine che ha violato anche il diritto umanitario», reso possibile grazie alla collaborazione offerta alla Cia dagli uomini dell’ex Sismi (oggi Aise). Uomini che «avevano giurato sulle nostre libertà  costituzionali» e che oggi vanno condannati per quello che De Petris definisce «un crimine gravissimo». Da qui le richieste avanzate ieri in aula dal sostituto pg: 12 anni per l’ex direttore del Sismi Niccolò Pollari, 10 per il numero tre Marco Mancini e otto a testa per gli altri tre ex 007 imputati nel processo d’Appello che si svolge a Milano. Secondo l’accusa tutti si sarebbero mossi «in un quadro opaco e al di fuori delle istituzioni».
Si avvia alla conclusione il nuovo processo che vede sul banco degli imputati i vertici dell’ex servizio segreto militare. Solo pochi giorni fa, il 29 gennaio, la corte d’Appello di Milano ha condannato per il sequestro dell’ex imam di Milano l’ex capo della Cia in Italia Jeff Castelli e due agenti del servizio americano rispettivamente a sette e sei anni di reclusione. Il sequestro rientrava all’interno di una serie di «extraordinay rendition», e dopo essere stato prelevato per le strade di Milano Abu Omar venne trasferito in Egitto dove subì «violenze e torture». Sul ruolo svolto dai nostri 007 in quell’operazione tre governi, Prodi e Berlusconi prima e – di recente – Monti, hanno messo il segreto di Stato, grazie al quale i vertici dell’ex Sismi sono stati prosciolti con sentenza di «non doversi procedere» in un primo processo. Sentenza annullata però a settembre del 2012 dalla Cassazione, che ha giudicato parzialmente illegittima la copertura garantita dal segreto di Stato. «L’eventuale partecipazione di agenti del Sismi al rapimento di Abu Omar – ha affermato la Cassazione – avvenne a titolo personale».
Di tutt’altra tono, naturalmente, la versione della difesa, per la quale quella svolta dagli ex agenti del Sismi fu «un’attività  istituzionale». Prima che prendesse la parola il pg per la sua requisitoria, in aula sono intervenuti sia Pollari che Mancini per ribadire sostanzialmente due punti: l’estraneità  loro e del Sismi ai fatti contestati e l’impossibilità , causa proprio il segreto di stato, di potersi difendere dalle accuse. E’ stata anche resa nota una lettera del direttore dell’Aise Adriano Santini nella quale si ribadisce la copertura del segreto di Stato sulla vicenda che riguarda l’ex imam, visto che i fatti in discussione nel processo sono da considerarsi «inquadrabili nel contesto delle attività  istituzionale del servizio di contrasto al terrorismo internazionale di matrice islamica».
C’è da registrare, infine, la richiesta avanzata dal legale di Abu Omar nei confronti dei cinque imputati, di un risarcimento di 10 milioni di euro per l’ex imam. «Il mio assistito – ha spiegato il legale – dopo il rapimento ha subito torture e vessazioni, per usare un eufemismo, che si sono spinte fino alla violenza sessuale». Mercoledì la parola passa alla difesa degli imputati, mentre la sentenza è attesa per il 12 febbraio.


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