Segnali di tregua davanti all’Europa

by Sergio Segio | 6 Febbraio 2013 7:42

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È come se il segretario del Pd e il presidente del Consiglio uscente avessero deciso di ritoccare una fotografia che sta sfigurando l’immagine dell’Italia; e dunque di chiudere un lungo incidente fatto di asprezze verbali reciproche, che rischiavano di finire fuori controllo. La «polvere sotto il tappeto» della spesa pubblica, evocata da Pier Luigi Bersani come un’ombra sulla politica economica di Palazzo Chigi; e la nascita del Pd «nel 1921», anno di fondazione del Partito comunista, nelle parole di Mario Monti, vissute come una provocazione inaccettabile anche da esponenti filomontiani come il vicesegretario Enrico Letta. Era troppo, soprattutto su uno sfondo che Silvio Berlusconi sta plasmando con una semina scientifica di promesse mirabolanti tese a convincere i «suoi» indecisi.
Non importa se il gruppo dirigente della Lega, più l’ex ministro berlusconiano Giulio Tremonti, accolgono questi fuochi d’artificio del Cavaliere con scetticismo. E dunque bocciano l’idea del condono fiscale; dicono che sulla restituzione dell’Imu, Berlusconi l’ha sparata grossa. Insomma, cercano faticosamente di smarcarsi. La marcia del Pdl verso le urne si svolge, più che mai, con i sondaggi alla mano. E senza guardare, se non con fastidio, oltre i confini dove cresce la preoccupazione per un ritorno al passato di instabilità  e di disimpegno dai vincoli europei. A questo si aggiunge un aumento dei consensi al Movimento Cinque stelle di Beppe Grillo, che erode voti al Pd anche sulla scia dello scandalo del Monte dei Paschi di Siena. Senza tenere conto di questo sfondo, sarebbe più difficile capire perché ieri Monti e Bersani si siano scambiati segnali di pace e di larvata collaborazione.
In realtà , per adesso circoscrivono la prospettiva a una politica che abbia come premessa il raccordo con l’Unione europea. L’unico elemento comune di analisi è che le sortite berlusconiane sull’Imu, sull’euro, sul condono fiscale hanno spinto entrambi a prendere atto di una campagna elettorale avviata su binari pericolosi; e a valutare con maggiore freddezza i rischi e le incognite di altre settimane di rissa. Ma per il resto, il fatto stesso che Palazzo Chigi e il vertice del Pd diano versioni diverse di quanto è avvenuto, non può essere frutto di un malinteso. Bersani vede un Monti in difficoltà  a tenere la linea di equidistanza fra Pd e Pdl, dopo le uscite antitedesche di Berlusconi e le reazioni dei mercati finanziari. Il premier, invece, continua a far presente che su temi come la riforma del lavoro o il riconoscimento delle unioni civili, le distanze con la sinistra restano marcate.
Ripete che anche il centrosinistra di adesso somiglia all’Unione che, seppure guidata da Romano Prodi, «si disgregò». E, pur apprezzando le parole di Bersani, avverte: «Sarò disponibile ad alleanze con tutti coloro e solo con coloro che saranno impegnati in riforme strutturali». Sono paletti piantati come una barriera di fronte a un’intesa non scontata. D’altronde, ancora ieri l’alleato principe del Pd, Nichi Vendola, ha ribadito l’«incompatibilità » con Monti. «Il centrosinistra che è fatto da Pd e Sel», ha detto, «è stato fondato da tre milioni di elettori e non ha bisogno della presenza del professor Mario Monti». La realtà , però, è diversa: soprattutto ora che Bersani sente la difficoltà  di vincere sia alla Camera sia al Senato; e soprattutto di governare da solo in una fase così tesa e precaria. Dopo il suo incontro di ieri a Berlino col ministro delle Finanze Wolfgang Schauble, ha affermato di essere «prontissimo» alla collaborazione con Monti, anche se non «a tutti i prezzi».
Evidentemente ha avuto la conferma del prestigio di cui Monti gode: forse più all’estero che in Italia. E ha verificato l’inquietudine che la crescita nei sondaggi di Berlusconi e di Grillo provoca nelle cancellerie occidentali. Dedurre che siano state gettate le basi per una collaborazione dopo le elezioni del 24 e 25 febbraio, è prematuro. È più corretto dire che il riconoscimento da parte di entrambi di avere ecceduto serve a scongiurare l’impossibilità  di collaborare se le elezioni restituissero un’Italia parlamentare in bilico. Berlusconi è convinto di riuscire a ottenere proprio questo. «Sono disperati perché credevano di avere la vittoria a portata di mano», incalza. E promette il sorpasso. «Il sorpasso lo stanno vedendo col binocolo», ironizza Bersani. Ma, per quanto breve, la campagna elettorale sembra ancora lunghissima e incerta.

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