Regionali, dopo gli scandali le politiche trascinano il voto
ROMA — L’election day ha fatto certamente da traino. Ma nelle tre Regioni in cui si vota, dopo gli scandali, le ruberie, il malcostume — Lombardia, Lazio e Molise — c’è stato un boom di elettori già nella prima giornata. Alle 22, l’affluenza alle urne era stata del 56,83 %in Lombardia: un lombardo su due è andato subito al seggio, mentre nelle precedenti regionali nel 2010, l’affluenza alla stessa ora era stata del 48,78%. Quindi c’è stato un balzo di votanti dell’otto per cento. Anche nel Lazio, c’è un +6%: si è passati da un’affluenza del 45,58% del 2010 al 51,77% di ieri sera. In crescita, anche se in misura minore anche in Molise: il 36,79% contro il 36,8 dell’ottobre 2011, quando si svolsero le regionali (poi annullate dal Consiglio di Stato).
L’attenzione mediatica, soprattutto su Lombardia e Lazio, è stata forte, e la fine disastrosa e anticipata delle giunte di Roberto Formigoni e di Renata Polverini hanno probabilmente scosso anche gli indecisi. A Milano città aveva votato alle 19 il 49,59% (alle precedenti elezioni il 34,33) e a Roma il 44,26% (contro il 29,55). In Lombardia tutti i leader hanno fatto una campagna elettorale capillare, perché qui si gioca una partita doppia: per ottenere il premio regionale per il Senato e per il consiglio regionale. La sfida regionale è tra il leghista ex ministro del-l’Interno, Roberto Maroni (per il centrodestra) e Umberto Ambrosoli (per il centrosinistra), ma della partita è anche il montiano Gabriele Albertini. Anche se alcuni altri candidati di “Scelta civica”, la lista di Monti, hanno annunciato il voto disgiunto, di appoggio a Ambrosoli, proprio per non consentire la vittoria della Lega. Il Pd lombardo è ottimista. «Tanta gente alle urne è un dato di buon auspicio: sperèm…», incrocia le dita Maurizio Martina, candidato democratico. La differenza la faranno i territori pedemontani, Varese, Como, Lecco, Bergamo, Brescia. L’inchiesta su Formigoni, l’ex governatore pidiellino, accusato di corruzione, può essere stata un danno per la Lega, a sua volta scossa dagli scandali sui rimborsi elettorali che portarono alle dimissioni di Bossi dalla segreteria.
Ancora più travagliato il capitolo- giunta laziale. I soldi pubblici dei rimborsi elettorali, gestiti per il Pdl da Franco Fiorito, e impiegati in feste e festini, diedero a settembre il colpo di grazie al governo della Polverini nel Lazio costringendola, dopo un braccio di ferro, alle dimissioni. «La sommatoria tra election day e la reazione degli elettori ha provocato l’exploit », ragiona Marco Miccoli, segretario democratico romano.
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