Rc nel caos, con Ingroia resta Rifondazione

by Sergio Segio | 27 Febbraio 2013 9:34

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ROMA — Un brutto colpo di mattina. E uno di sera. Ma Ingroia va avanti. Di buon ora fa il punto con i candidati della società  civile, La Torre, Ruotolo, Cucchi, Favia. Si lasciano decisi ad andare avanti. Il problema, dopo la sconfitta, è “avanti con chi”. E qui torniamo ai brutti colpi. Brutto quello del sindaco di Napoli Luigi De Magistris che liquida la creatura di Ingroia in due battute: «Rivoluzione civile è finita. Non c’è futuro per questa lista dopo una sconfitta così netta». Poi tocca ai dipietristi. Non è l’ex pm in persona a sganciarsi dall’avventura politica dell’ex procuratore aggiunto di Palermo. Perché Di Pietro, silente ormai da 48 ore, si dimette a sorpresa dalla presidenza dell’Idv. I suoi però riuniscono l’ufficio di presidenza e non solo vanno avanti, ma decidono pure di lasciarsi alle spalle Rc, vogliono «rifondare, rinnovare e rilanciare l’azione di Idv». Con Ingroia restano associazioni e movimenti, ma anche Rifondazione comunista. Paolo Ferrero, il segretario, non ha dubbi: «Costruiamo un percorso costituente della sinistra anti-liberista e proponiamo che Rc sia il punto di partenza». Dal Pdci di Oliviero Diliberto arriva solo una battuta del segretario — «esito disastroso» delle elezioni — mentre il gruppo medita sul che fare.
Il dilemma su cui si arrovellano i soci fondatori di Rc è sempre lo stesso, essere o non essere una formazione politica che assembla i movimenti, i sindacati, ma anche i partiti. De Magistris ha scelto. Spiegano dal suo staff che il sindaco avrebbe voluto «una lista di rottura, composta solo di società  civile», invece Rc è diventata «il coagulo di esponenti della vecchia politica che si è opposta a Berlusconi e a Monti». Per carità , sarà  pure «il volto migliore della vecchia politica, ma è stata percepita comunque come vecchia». Per questo De Magistris chiude, come aveva fatto con Di Pietro. Offre una lettura politica perché «la fase di ingovernabilità  che si apre non consente a un sindaco di una città  come Napoli alcuna distrazione». Non bisogna chiedere altro per capire che De Magistris, l’inventore del popolo arancione e della candidatura stessa di Ingroia a premier, non si può compromettere con un fallimento di cui critica le cause. Troppi vecchi partiti, troppi vecchi candidati che avrebbero fatto perdere a Rc la scommessa di raccogliere il voto di protesta.
Anche Leoluca Orlando, sindaco di Palermo e tuttora nell’Idv, rilascia una dichiarazione in cui una frase prevale sulle altre, «occorre andare oltre il recinto di partiti atrofizzati», tuffandosi nella Rete, quella che gli ha garantito il 74% dei voti quando ha corso per la poltrona di primo cittadino. Come dice Claudio Giardullo, poliziotto, per anni segretario del Silp-Cgil, «l’esperienza di Rc deve continuare, ma deve prevalere un’immagine di discontinuità  rispetto al passato ». L’ha detto anche Ingroia, commentando a caldo il voto. «Abbiamo avuto poco tempo…». Meno di due mesi dalla prima assemblea. Per questo Ferrero disegna un cammino di “vera rifondazione”: «Rc non ha intercettato il disagio sociale, ma ciò non significa che nel paese non ci sia una presenza anti-liberista e di sinistra». Bisogna solo seguire la strada giusta, con «un processo costituente, dal basso, tenendo insieme esperienze sociali, personalità  politiche, comitati». E Ingroia? «Lui è una figura simbolo e ha fatto quel che poteva».

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