Ratzinger osannato incenerisce la Curia

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Nella sua prima uscita pubblica da papa dimissionario, Ratzinger ribadisce i motivi della sua decisione di lasciare il pontificato «ma punta il dito contro le «divisioni» e le «rivalità » che «deturpano il volto» e il «corpo» della Chiesa».
«Ho deciso di rinunciare al ministero» pontificio, ha detto ieri mattina il papa di fronte ai fedeli presenti all’udienza generale in Vaticano, «ben consapevole della gravità  di tale atto, ma altrettanto consapevole di non essere più in grado di svolgere il ministero petrino con quella forza che esso richiede». Subito dopo, nella catechesi per l’inizio della Quaresima, si è soffermato sul tema della «tentazione», con evidenti allusioni alle lotte curiali di potere esplose rumorosamente nell’ultimo periodo: il «nocciolo delle tentazioni» è «strumentalizzare Dio, usarlo per i propri interessi, per la propria gloria e per il proprio successo». Nel pomeriggio, durante l’omelia nella messa di inizio Quaresima celebrata nella basilica di san Pietro, le allusioni si sono trasformate in espliciti atti di accusa contro ciò che «deturpa il volto della Chiesa»: «Penso in particolare – ha aggiunto Ratzinger – alle colpe contro l’unità  della Chiesa, alle divisioni nel corpo ecclesiale», agli «individualismi», «alle rivalità », alla «ipocrisia religiosa». Il linguaggio è quello biblico, ma il messaggio è diretto e il destinatario chiaro: la Curia, additata come principale responsabile (di cui però egli stesso ha fatto parte per oltre 30 anni). Quasi a suggello di un pontificato caratterizzato anche dall’insistenza sui «principi non negoziabili, c’è stato, nella mattinata, anche il consueto appello ad «opporsi pubblicamente» – quindi anche politicamente -«a scelte che molti considerano ovvie, quali l’aborto in caso di gravidanza indesiderata, l’eutanasia in caso di malattie gravi, o la selezione degli embrioni per prevenire malattie ereditarie».
L’era Ratzinger è ormai al capolinea, ma le ultime due settimane del papa saranno fitte di impegni, alcuni assai significativi. Oggi incontrerà  i parroci romani, domani e dopodomani i presidenti di Romania e Guatemala, quindi i vescovi di Liguria e Lombardia, fra cui il cardinale di Milano Angelo Scola, uno dei papabili più accreditati. Sabato pomeriggio poi riceverà  Mario Monti – e sarà  l’ennesimo incontro nei pochi mesi di governo del professore -, alla vigilia delle elezioni; il 23 sarà  la volta di Napolitano. In quella settimana, insieme ai cardinali della Curia, Ratzinger parteciperà  agli esercizi spirituali in Vaticano: un appuntamento tradizionale, ma a predicarli sarà  il card. Ravasi, un altro nella lista dei papabili, che acquisterà  grande visibilità . Il 27 ci sarà  poi l’ultima udienza generale, in piazza San Pietro, dove è prevista la folla delle grandi occasioni. Infine il 28, ultimo giorno di pontificato, incontrerà  tutti i componenti del collegio cardinalizio – che di lì a poco dovranno scegliere il nuovo papa – in una sorta di estremo appello pre-elettorale. Dopodiché farà  le valigie per Castel Gandolfo, e la sede pontificia sarà  «vacante», in attesa dell’apertura del conclave, presumibilmente fra il 15 e il 20 marzo.
Per quella data la situazione sarà  più chiara e gli schieramenti, quello conservatore e quello moderato – i progressisti, nel collegio cardinalizio nominato interamente da Wojtyla e Ratzinger, non esistono: l’unico superstite era Martini, morto sei mesi fa – avranno definito meglio strategie e candidature che al momento, escluso qualche nome che appare più forte di altri ma non ancora egemone, sono confinate nei fantasiosi esercizi del “totopapa”. E proprio il collegio cardinalizio sarebbe il destinatario privilegiato delle modalità  scelte dal Ratzinger per dimettersi: un annuncio dato non alla Curia romana – ovvero i suoi collaboratori più prossimi – ma al Concistoro, ovvero a buona parte di quei cardinali che dovranno eleggere in nuovo papa. Un messaggio inequivocabile, secondo la lettura delle Comunità  di base italiane, assolutamente coerente con le parole di ieri. «Il modo e la sede in cui l’annuncio è stato dato – spiegano le Cdb – sottolineano la sfiducia del papa nei confronti della Curia vaticana e costituiscono un messaggio implicito al conclave che la sostituzione sia trovata al di fuori delle sue manovre». Scegliendo quindi una personalità  esterna alle nebbie dei sacri palazzi. Anche se, precisano le Cdb, «altre sono le nostre valutazioni ed i nostri sogni: dal ritorno del papa al ruolo originario di vescovo di Roma, con la rinuncia al centralismo monolitico vaticano a favore di una ampia e diffusa collegialità  nelle decisioni, fino ad arrivare ad un rispetto del pluralismo e della libertà  dei figli e delle figlie di Dio riuniti in comunità  locali vive e non in strutture puramente dispensatrici di sacramenti».


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