Pillola del giorno dopo se c’è stupro

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ROMA — La chiesa cattolica della Germania non ha avuto dubbi: ha detto sì alla pillola del giorno dopo, in seguito a una violenza, a uno stupro. Alla Conferenza episcopale tedesca sono bastate poche settimane per reagire all’atteggiamento di chiusura tenuto da due ospedali cattolici di Colonia. E hanno decretato: in caso di stupro si può somministrare la pillola del giorno dopo, l’importante è che sia una pillola che eviti la fecondazione e non già  una pillola in grado di provocare l’aborto.
Tutto parte da un episodio avvenuto a Colonia. Una ragazza, accompagnata dalla madre, aveva cercato aiuto negli ospedali della città  renana: era stata violentata, chiedeva ai medici di poter avere una pillola del giorno dopo. La donna ha bussato a due ospedali, tutti e due cattolici. Tutti e due ugualmente determinati: la pillola del giorno dopo è in contrasto con l’insegnamento della Chiesa. Niente da fare. La ragazza è dovuta tornare a casa.
I vescovi tedeschi hanno ribaltato l’affermazione dei medici sulla pillola del giorno dopo. Riuniti a Treviri, nell’incontro di primavera, hanno raccolto le raccomandazioni dell’arcivescovo di Colonia, il cardinale Joachim Meisner, che dopo l’episodio raccontato dalla ragazza aveva già  preso la sua decisione. Certo, con tutti i distinguo del caso. «Le cure a una donna violentata possono includere medicinali che abbiano un effetto preventivo e non abortivo», ha specificato infatti l’arcivescovo Roberto Zollitsch. E ha aggiunto: «Non possono essere usati metodi farmaceutici o medici che inducano la morte dell’embrione». Tante raccomandazioni. Ma alla ragazza di Colonia la pillola del giorno dopo, alla fine, è stata somministrata.
«Hanno avuto un po’ di coraggio i vescovi tedeschi, ci voleva», commenta don Vinicio Albanesi, presidente della comunità  di Capodarco. E aggiunge: «Anche le chiese ortodosse si sono spinte verso una religione di stampo umano quando hanno deciso di concedere l’uso del preservativo per difendersi da una malattia aggressiva come l’Aids. Sono atti di umanità , che sarebbero auspicabili anche qui in Italia, sebbene i nostri vescovi siano molto più prudenti del necessario essendo, come sono, tanto vicini al papato».
Pure don Gino Rigoldi, presidente della Comunità  Nuova, plaude alla decisione della diocesi tedesca: «Una donna che è stata stuprata ha tutto il diritto di non rimanere incinta. Di non aggiungere danni ai danni, alla violenza. È una tutela per la donna e anche per il bambino, mi sembra evidente».
Sia don Rigoldi sia don Albanesi, ovviamente, sono molto attenti al distinguo che è stato fatto dalla Conferenza episcopale tedesca. «La non fecondazione dell’ovulo è cosa ben diversa dal procurare un aborto. Capisco che la differenza possa apparire sottile, ma è invece molto importante dal punto di vista teorico ed etico. Anche il Vaticano si era espresso in tal senso quando ci furono i casi delle suore violentate in Jugoslavia».


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