by Sergio Segio | 25 Febbraio 2013 8:29
Nelle elezioni italiane più incerte da almeno due decenni, la cosa certa è che da stasera ci renderemo conto che un bel pezzo di sovranità , in fondo, è ancora nelle nostre mani. Anzi, che anche almeno una parte del futuro dell’euro passa dall’Italia. È vero, infatti, che il sentiero per stimolare l’economia — con tagli delle tasse o con maggiore spesa pubblica — è stretto, vincolato dai trattati e dagli accordi che abbiamo firmato in Europa. Ma questa non è necessariamente una condanna.
Intanto, se l’Italia sarà in grado di produrre un governo stabile avrà anche la possibilità di discutere a Bruxelles un minimo di flessibilità sui conti pubblici: il clima all’interno della Commissione guidata da José Manuel Barroso va in quella direzione. Non sarà niente di rivoluzionario, ma un certo spazio di manovra ci sarà .
Soprattutto, però, una situazione politica chiara consentirà , almeno in teoria, di riprendere a fare quello che non si fa a mesi e che non dipende da Bruxelles e da Berlino: riforme serie delle quali il Paese ha urgente bisogno. È successo che, da quando a fine estate, Mario Draghi ha annunciato che la Banca centrale europea (Bce) avrebbe potuto acquistare titoli dello Stato italiano (in cambio di chiari impegni sulla finanza pubblica), lo spread con i Bund tedeschi si è di molto ridotto ma, allo stesso tempo, la brezza riformista si è spenta, il governo Monti è caduto, si è aperta una campagna elettorale biliosa. Bene: un nuovo governo dovrà in breve tempo rispondere alla crisi economica del Paese, sapendo appunto che il sentiero degli stimoli di bilancio non porta lontano. A fine 2012, il Prodotto interno lordo (Pil, cioè la ricchezza realizzata) dell’Italia era del 7,6% più basso che al suo picco, a inizio 2008. I calcoli che il Corriere della Sera ha realizzato assieme alla società di analisi Oxford Economics sulle conseguenze dei programmi dei partiti mostra che a quel livello torneremo forse nel 2019. Serve qualcosa di più, di fronte alla recessione e al decennio che abbiamo gettato via. E questo di più può venire solo da riforme pro business, come indica l’Europa da tempo.
Questa è anche la strada che chiedono Draghi, la cancelliera tedesca Angela Merkel, il primo ministro britannico David Cameron e anche il presidente francese Franà§ois Hollande: stabilità e cambiamento strutturale in Italia è ciò che sperano di avere trovato da oltre un anno. A Frau Merkel consentirebbe di arrivare alle elezioni tedesche d’autunno con una certa tranquillità . A Cameron, un’Italia elemento di stabilizzazione nell’Eurozona serve come argomento forte per rallentare le spinte antieuropee nel suo partito e in Gran Bretagna. Per Hollande, che ha crescenti problemi economici interni, un vicino che non ne aggiunge altri e non provoca crisi ulteriori è fondamentale. Draghi, per parte sua, nei mesi scorsi è stato la diga che ha trattenuto i mercati ma sa e dice continuamente che, da sola, la Bce non può risolvere la lunga crisi del debito. Per questo, tutti, in Europa, tifano per un’Italia stabile: e anche Barack Obama non perde davvero occasione per ribadirlo. Il problema, in queste ore, è che nessuno è sicuro che lo scenario che preferisce prevalga: il timore è di essersi fatti delle illusioni e che da domattina inizi una reazione negativa dei mercati finanziari di fronte all’instabilità politica.
Ieri, i media di mezzo mondo erano ancora in allarme. «L’Italia decide oggi sul futuro dell’Unione monetaria», titolava la Frankfurter Allgemeine Zeitung, giornale influente e vicino alla cancelleria di Berlino. «Ultima chiamata per l’Italia», scriveva il settimanale tedesco Die Zeit. «Ultima occasione per l’Italia?», si domandava il britannico Financial Times. Altri giornali europei puntavano su Beppe Grillo, su Silvio Berlusconi, sulla legge elettorale «porcata» per dare il senso dell’incertezza e del rischio. La Bbc partiva da Pier Luigi Bersani, «Mr. Normal» e «anti-candidato», per arrivare, dopo la disamina della campagna elettorale, a temere la possibilità di una «paralisi in stile greco». Per il Times of India, è una «elezione cruciale». Per Ndtv, televisione di New Delhi, questo è «un voto chiave per l’Eurozona».
Se, dunque, tra stasera e domattina il mondo scoprisse che il risultato elettorale porta a una certa instabilità o a una forte instabilità le onde sarebbero probabilmente alte. Innanzitutto sui mercati che, a seconda del grado di poca governabilità , si muoverebbero per testare — subito o dopo un po’ — le difese che l’Italia e l’Europa metterebbero in campo per evitare lo scoppio di una nuova crisi. La signora Merkel sarebbe non poco irritata all’idea di dovere andare in parlamento a chiedere altri denari per aiutare un Paese dell’area euro in difficoltà . Draghi probabilmente sarebbe pronto a fare quel che ha garantito a fine estate, cioè comprare titoli italiani sui mercati, ma per farlo dovrebbe avere l’impegno a un percorso di ulteriore austerità da parte di un governo italiano. Complicato. Non è forse questo lo scenario più probabile. Ma un po’ tutti trattengono il fiato: la sovranità ritrovata non si discute; ma andrà gestita.
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