Pdl e Lombardia bloccano il «riccometro»
ROMA — Il governo rinuncia ad approvare il nuovo «riccometro» — tecnicamente Isee — destinato a rimodulare la situazione economica dei contribuenti per scovare i finti poveri che usufruiscono dei servizi sociali senza averne diritto. Il Consiglio dei ministri, sotto pressione per il no della Regione Lombardia (l’unico tra le 20 Regioni), ha così deciso di lasciar perdere e non ha nemmeno aperto il dossier durante il Consiglio dei ministri. Il titolare del Welfare, Elsa Fornero, non ha nascosto la sua delusione perché «si è sprecato un lavoro fatto con grande serietà e durato molti mesi». Per l’ok definitivo al decreto della presidenza del Consiglio dei ministri (Dcpm) mancavano solo alcuni passaggi come il parere non vincolante delle commissioni parlamentari competenti e il vaglio del Consiglio di Stato.
Ma ora è tutto inutile. Il riccometro, ricordiamo, è lo strumento che, insieme al redditometro per stanare gli evasori, fa parte della manovra per rendere più stringente la spesa pubblica. Doveva essere operativo entro maggio ma la norma era però inciampata nei rilievi della Corte costituzionale per il mancato coinvolgimento di Regioni, Province e Comuni. Dopo una serie di contatti tra il ministero del Welfare e i rappresentanti nazionali degli enti locali, il nuovo strumento ha preso forma. Ma con l’opposizione della Lombardia. Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera ed esponente di Comunione e liberazione, motiva il no con due considerazioni. Una politica: «Non si approva una legge così importante che comporta grandi conseguenze per le famiglie con un governo dimissionario». Una di merito: «Non c’è il coefficiente famigliare come noi avevamo chiesto, né si calcolano i costi della famiglia per accedere ai servizi, il governo non ha recepito le nostre osservazioni».
Il sottosegretario al Welfare Cecilia Maria Guerra che, insieme al ministro ha seguito la pratica, la pensa diversamente. «Prima di tutto non sono semplici osservazioni ma richeste che avrebbero comportato la riscrittura del provvedimento — spiega — e poi non capisco perché la Lombardia non le abbia portate avanti prima ma solo adesso, non vorrei che sia tutta una manovra da campagna elettorale». Nel merito Guerra precisa che il «coefficiente familiare non c’è perché le politiche familiari si fanno con il Fisco e le tariffe, l’Isee deve essere il più asettico possibile e deve valere anche, come ha sentenziato la Consulta, a livello nazionale». Insomma non è possibile che ogni Regione si faccia il suo riccometro.
Il provvedimento avrebbe avuto una ricaduta importante sui bilanci delle famiglie. Il Comune di Bologna, per esempio, recentemente, ha fatto delle simulazioni e scoperto che — solo per i servizi scolastici — avrebbe incassato quasi 650 mila euro in più. L’Isee serve per «misurare» la situazione economica del nucleo familiare e accedere ai servizi pubblici: dall’asilo nido all’università , dagli assegni di maternità agli sconti sulle bollette. Ma della riforma, ormai, si occuperà il prossimo esecutivo.
Roberto Bagnoli
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