Neonazisti a guardia degli operai Scandalo Amazon in Germania

by Sergio Segio | 16 Febbraio 2013 8:03

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BERLINO — «È una vergogna, non ordinerò più niente», scrive un lettore della Bild, Franz Grescher. E non è certamente l’unico, perché il reportage della prima rete televisiva pubblica tedesca Ard sulle terribili condizioni di lavoro nel centro operativo di Amazon a Bad-Hersfeld, nell’Assia, ha sollevato un’ondata di proteste che il più grande gruppo di vendite sul web ha cercato di arginare. I cinquemila immigrati assunti temporaneamente per fare fronte alla crescita degli ordini nel periodo natalizio venivano sorvegliati e intimiditi da una milizia sospettata di avere legami con il mondo dell’estremismo di destra e degli hooligans. Le guardie esibivano i capi di abbigliamento della Thor Steinar, la marca simbolo dei simpatizzanti neonazisti, vietata in alcuni stadi tedeschi e tolta anche dal catalogo della stessa Amazon. La loro ditta si chiama «H.e.s.s. security», un nome sinistramente uguale a quello del braccio destro di Hitler.
Diana Là¶bl e Peter Onneken, i due giornalisti della Ard, sono riusciti a documentare una situazione scandalosa, nonostante le minacce ricevute dagli «addetti alla sicurezza». Migliaia di persone, provenienti da tutta Europa ma soprattutto da Paesi in crisi come la Spagna, parcheggiate in alloggi di fortuna nei dintorni del capannone di Amazon, pagate senza contributi, alleggerite del 12 per cento di un salario già  misero dalle organizzazioni che si occupavano del reclutamento, costrette a lunghi turni festivi e notturni, sottoposte a misure di controllo tipiche di un campo di reclusione. Tra le tante storie di disperazione, quella di una donna spagnola, Maria, allontanata perché si era lamentata del luogo dove era stata mandata a dormire, o di un’altra, Silvina, il cui contratto è scaduto improvvisamente tre giorni prima di Natale perché le ordinazioni erano inferiori alle attese. È dovuta tornare a casa.
E Amazon, che dice Amazon di queste nuove schiavitù del ventunesimo secolo? Per quanto riguarda i gorilla che mantenevano l’ordine, un portavoce ha dichiarato che la compagnia «non tollera discriminazioni o intimidazioni». Le accuse sul comportamento delle guardie saranno valutate e verranno eventualmente prese la «misure opportune». Più in generale, la mega-azienda fondata da Jeff Bezos ha sostenuto che in periodi di punta come quello natalizio viene assunto personale temporaneo che ha l’opportunità  di essere messo alla prova «nella prospettiva di un impiego a lungo termine». Un modo come un altro per fabbricare illusioni.
La verità  è invece che il caso tedesco non sembra essere isolato, tenendo conto di quanto era emerso in passato sulle durissime condizioni di lavoro (turni di dieci ore e pause di pochi minuti) nel magazzino di Amazon nella Lehigh Valley, in Pennsylvania, rivelate da un’inchiesta di Morning Call, e delle denunce provenienti più recentemente dalla stampa britannica. In un contesto caratterizzato dal rischio sempre più concreto di perdere il predominio nel settore dei libri, come ha scritto nei giorni scorsi il New York Times. Il fenomeno delle recensioni manovrate dietro le quinte ha diminuito infatti la fiducia del gruppo di Seattle, insidiato da nuovi social media come Goodreads.com che offrono modi diversi di promuovere, consigliare e condividere la lettura.
Naturalmente, Amazon non è certo l’unico cattivo in un mondo di buoni. Restando per esempio in Germania, va chiamato in causa un gruppo come Zalando, che vende online scarpe e abbigliamento, fondato nel 2008, oggi presente in dodici Paesi (tra cui l’Italia), un miliardo di euro di volume di affari nel 2012. Secondo molte testimonianze, nello stabilimento di Grossberen, a sud di Berlino, i lavoratori che vengono dalla Polonia sono costretti a ritmi produttivi massacranti. È arrivata un po’ di acqua da bere gratuita a disposizione di tutti, raccontano, solo dopo l’intervento, dall’esterno, del sindacato ver.di e grazie, anche in questo caso, ad un servizio televisivo. Dentro tutti hanno paura. Gli altri non sanno, o non vogliono vedere.

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