Neha e le altre, il 53% dei minori ha subito una violenza sessuale

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Nel Bengala Occidentale martedì sono state sterilizzate 103 donne lasciate all’aperto per mancanza di spazio nell’ospedale dopo che due medici avevano effettuato interventi nell’arco di 24 ore, e nel video della tv indiana Ndtv si vedono donne lasciate a terra senza assistenza post-operatoria. Il governo indiano incoraggia a legare le tube di falloppio fino a imporlo senza tutela per la salute delle donne, ma anche i bambini che nascono non hanno vita facile.
Due giorni fa a Mumbai è stata ricoverata una bimba di 6 mesi con lesioni alla vagina per un tentativo di stupro accertato dai medici di fronte alla polizia che non voleva registrare la denuncia della madre, perché diceva che le ferite erano conseguenza del morso di un topo. Nello stesso giorno Human Rights Watch presentava «Breaking the Silence», il rapporto sulla violenza sui minori in India dove i casi di violenza sui bambini, compresi i neonati, sono di circa 7.200 all’anno, e dove non tutti denunciano sia per la vergogna, sia per il timore di sottoporsi alla prova del «finger test», eseguita dai medici malgrado non abbia validità  scientifica.
Il rapporto, redatto dal giornalista Mark Dummett, raccoglie testimonianze di minori sottoposti a violenze a casa, a scuola e nelle strutture di assistenza. «I bambini che hanno il coraggio di confessare gli abusi sessuali subiti, sono spesso ignorati o non presi in considerazione da parte di polizia, personale medico e autorità  – dice Meenakashi Ganguly, direttore di Hrw per l’Asia Meridionale – e il sistema di tutela dei minori è inadeguato perché il governo non riesce a garantire la loro protezione», tanto che le stesse istituzioni che dovrebbero proteggere i bambini si macchiano di «abusi orribili».
Nel 2012 sono stati riscontrati casi di violenze in 8 strutture in diverse parti del paese dove gli abusanti erano membri del personale, ragazzi più grandi, visitatori esterni tra cui anche agenti di polizia. Ad Apna Ghar, una struttura per orfani nella città  di Rohtak (Haryana), i membri della Commissione nazionale per la protezione dei diritti del bambino (Ncpcr) hanno trovato ragazze e bambine che venivano spogliate nude, percosse sulle loro vagine, e costrette a rapporti sessuali con sconosciuti in cambio di denaro.
Nel 2007 in un’indagine governativa fatta su un campione di 12.500 bambini in 13 diversi Stati, il 53% degli intervistati ha ammesso di aver subito violenze sessuali, e di questi solo il 3% ha denunciato. Nella maggior parte dei casi l’autore era noto al minore, e il 31% ha dichiarato abusi da parte di zii o vicini di casa. Sebbene l’India abbia firmato la Convenzione sui diritti del fanciullo, gli attuali sistemi di protezione non fanno abbastanza per aiutare le vittime anche dopo che la violenza è stata identificata.
Ahmed ha raccontato a Hrw che quando ha denunciato lo stupro della figlia di 12 anni, la gente evitava la sua famiglia e il fidanzato della maggiore ha rotto il fidanzamento per la vergogna. «La polizia – dice Ahmed – ci ha detto di non dirlo a nessuno e di risolvere il caso privatamente. Quando ho rifiutato mi hanno schiaffeggiato e hanno picchiato mio figlio». In un villaggio dell’Uttar Pradesh, la madre di una bambina di due anni ha segnalato alla polizia un ragazzo di 17 anni per molestie alla piccola, ma la polizia l’ha invitata a lasciare il villaggio. Negli ultimi anni questa «congiura del silenzio» ha cominciato incrinarsi grazie agli attivisti e alle Ong, ma la strada è lunga, e anche se nel 2012 il parlamento indiano ha varato la legge che riconosce le violenze sui minori come reati penali, la sua applicabilità  rimane incerta. Neha ha detto a Hrw di essere stata violentata a 16 anni e quando è andata alla polizia per denunciare, l’ufficiale di servizio non solo ha espresso commenti volgari ma ha messo in dubbio che il rapporto sessuale fosse stato consensuale.


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