Napolitano: non farò il bis
ROMA — A due giorni dal voto, il presidente della Repubblica Napolitano si chiama fuori dalla corsa al Quirinale mentre infuria la polemica sul no ad un governo di sinistra attribuito alla Merkel da Monti, smentito dall’interessata e ridimensionato dal premier. Bersani e il presidente del Consiglio concordano però sull’allarme Grillo considerandolo «un pericolo». La Lombardia, regione strategica per l’esito del voto, è intanto nel ciclone dello scandalo Formigoni. La Corte dei conti: è peggio di Tangentopoli.
No, grazie. Stanco di finire strattonato di continuo per un mandato bis al Colle, Giorgio Napolitano ribadisce e riconferma: «Non è ipotizzabile una riproposizione del mio nome per la presidenza della Repubblica ». E insiste, «nel modo più netto e limpido», sulle ragioni «istituzionali e personali» che ha tempo sollevato per stoppare la corsa all’ipotesi rielezione. Avverte infine che «oggi appare prematura ogni ipotesi» di candidatura, rispetto a scelte che toccano solo al Parlamento, in seduta comune e integrato dai rappresentanti delle regioni (lo scrutinio comincerà a metà aprile).
Altolà dunque alla giostra del toto-Quirinale. Napolitano lo aveva preannunciato in tempi non sospetti, per la prima volta già un anno fa rispondendo ad una domanda degli studenti romani del Virgilio in visita al Colle, «non mi ricandiderò: nel maggio 2013 sarò un privato cittadino ». Spiegando di voler passare la mano visto che «la stanchezza c’è, sono una persona molto avanti negli anni, e nessuno poi deve pensare di essere insostituibile ». Porte spalancate perciò al ricambio al Colle, secondo le regole fisiologiche della democrazia, aprendo anche alla possibilità di un presidente donna.
Poi più volte, ancora di recente con il Papa e con Obama — e lo farà fra qualche giorno anche con la Merkel — Napolitano è tornato sul suo addio al Quirinale. Magari con un pizzico di commozione, «queste sono visite di commiato, prima di lasciare l’incarico al mio successore », ma sempre in modo molto determinato e senza ripensamenti. E quanto alle ragioni istituzionali del no al bis, Napolitano le ha riassunte a Natale davanti alle alte cariche dello Stato, «la non rielezione — disse citando Livio Paladin — è l’alternativa che meglio si configura al nostro modello costituzionale».
Tutto inutile però a quanto pare, perché puntualmente il capo dello Stato è finito nel pressing della riconferma. Un bis chiesto apertamente anche da Monti, dopo gli appoggi più o meno sinceri ventilati pure da Berlusconi. Napolitano non ci sta, e smentisce ogni ipotesi? «Anch’io — insiste il premier — prima dicevo no alla mia candidatura. Continuo a sperare in una sua riconferma. Se no, vedo al Quirinale una delle mie tre ministre». Il capo dello Stato però non gradisce tanta insistenza, perché nel vortice dello scontro l’ostinarsi sul suo nome può prestare il fianco a manovre e giochi elettorali. E magari far intendere che sotto sotto la disponibilità per un secondo giro al Colle non sarebbe da escludere. Da qui, la decisione di bloccare ancora una volta le voci, con una nota ufficiale: «Il presidente ha da tempo pubblicamente
indicato le ragioni istituzionali e personali per cui non ritiene sia ipotizzabile una riproposizione del suo nome». Napolitano «apprezza e ringrazia », nel loro significato di «espressione di fiducia nei suoi confronti», le «dichiarazioni di varie personalità a favore di una sua eventuale ricandidatura». Ma spetterà al Parlamento, a tempo debito, scegliere un nuovo inquilino del Colle. Lo ripeterà anche al Papa, domani mattina, nell’ultimo colloquio prima che entrambi lascino gli incarichi.
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