by Sergio Segio | 28 Febbraio 2013 8:17
MONACO — «Sono inorridito, in Italia hanno vinto due clown… Uno è il comico di professione Beppe Grillo, l’altro è uno che agisce sotto l’impulso del testosterone», ossia Silvio Berlusconi. Ha avuto l’impatto devastante di un meteorite, questa sentenza di Peer Steinbrà¼ck, candidato cancelliere della Spd, sul voto di casa nostra. Un impatto che la sua reputazione di grande gaffeur non poteva consentire fosse minimizzato. Dunque, davanti a questo raggelante incidente diplomatico (e politico, dal punto di vista del confronto interno in Germania) il presidente della Repubblica si è sentito costretto ad annullare l’incontro e la cena con lui, programmati per ieri sera, a Berlino.
«È vero, era una cosa da formalizzare», spiega il capo dello Stato. «Non mi pare che ci fossero le condizioni perché si tenesse un colloquio, viste quelle dichiarazioni del tutto fuori luogo… E peggio. Invece è importante, come esempio di autorevolezza, riserbo e rispetto, ciò che ha detto Wolfgang Schà¤uble». È un paragone a contrariis che Giorgio Napolitano fonda su una prima, tranquillizzante, opinione del ministro delle Finanze tedesco: «L’Italia è una democrazia, sceglierà secondo le regole della democrazia come Paese indipendente». Tutto bene, quindi, almeno da quel versante? Mica tanto. Perché, poco dopo, il parere viene corretto e drammatizzato dallo stesso Schà¤uble, evocando «l’infezione» che partì dalla Grecia un anno fa e la fase di «incertezze» che ne seguì per l’intera Europa, materializzando adesso un «rischio contagio» da Roma e incitando le nostre forze politiche a formare «rapidamente un governo stabile».
Ruota intorno a questa imbarazzata rincorsa di giudizi, tra lo sprezzante e l’allarmato, la seconda giornata di visita ufficiale in Germania del presidente. Gli umori che esplicitamente ne emergono aprono — di fatto — un caso, tra le due Nazioni. E, nonostante gli interventi di qualche pontiere e una successiva telefonata «di cortesia, chiarimento e comprensione» (ma senza ritrattazioni perché «quel che è detto è detto») da parte di Steinbrà¼ck, le pesanti ombre non si sono dissolte. Anzi, dopo la disdetta del faccia a faccia con il leader dei socialdemocratici, Napolitano ha avuto un ulteriore scatto d’orgoglio, stavolta davanti a una rappresentanza di connazionali, prima di lasciare Monaco nel tardo pomeriggio. «In quanto presidente della Repubblica io rappresento l’unità nazionale, che non credo sia una cosa molto diversa dal rappresentare la dignità del Paese. Ora, noi rispettiamo profondamente la Germania, per i suoi successi, per aver saputo risorgere dalle rovine e costruire una nuova Europa insieme all’Italia… La rispettiamo, ma naturalmente esigiamo rispetto per il nostro Paese».
Una sfida che tra oggi e domani, negli incontri istituzionali, il capo dello Stato confida sia stemperata e appunto ricondotta entro i binari «del rispetto». Non sarà facile, se si considera la profonda inquietudine con cui Berlino guarda a quanto sta accadendo a Roma.
Il capo dello Stato ne ha avuto un’indiretta prova durante la discussione che ha avuto in mattinata con un gruppo di intellettuali, studiosi e scrittori tedeschi al Bayerischer Hof di Monaco, dove alloggiava. Nonostante, forse per delicatezza, non gli abbiano chiesto del voto italiano («sono persone serie, che conoscono che cosa significa il rispetto reciproco», ha precisato lui, con un certo compiacimento), è significativo che tra i temi cruciali della conversazione ci sia stato quello dell’insorgenza dei populismi in Europa. Una questione sulla quale Napolitano si è detto «molto preoccupato» e che ha legato al «pericolo di una scarsa legittimazione democratica», conseguenza — guardacaso — «anche degli errori delle classi dirigenti europee».
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