Muore un detenuto palestinese, rischio Intifada

by Sergio Segio | 25 Febbraio 2013 7:56

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GERUSALEMME — La morte di un detenuto palestinese deceduto in circostanze che restano oscure anche dopo l’autopsia, sta infiammando i Territori occupati, incidenti e scontri si moltiplicano nei principali centri della Cisgiordania con l’esercito israeliano chiamato a fronteggiare quella che nei titoli dei giornali è già  “una terza intifada”. Gruppi di dimostranti hanno ingaggiato ieri battaglia con l’esercito a Hebron, Betlemme e Ramallah; decine di persone sono rimaste intossicate dai gas o ferite da proiettili di gomma. E ieri migliaia di detenuti palestinesi hanno osservato uno sciopero della fame, è il terzo in dieci giorni, contro le detenzioni amministrative – cioè senza un accusa specifica né un processo – e le condizioni di vita nelle carceri. Quattro prigionieri palestinesi, poi, da mesi rifiutano il cibo e le loro condizioni sono disperate, la morte di uno di loro potrebbe accendere ancora di più le tensioni. Il premier Benjamin Netanyahu, preoccupato del divenire degli eventi, ha avvertito l’Anp che suo dovere arginare gli incidenti ma sarà  difficile anche per la polizia di Abu Mazen fronteggiare tanta rabbia.
Il caso del detenuto Arafat Jaradat è stata la miccia che ha dato il via a questa nuova ondata di violenze. Jaradat, un benzinaio di 35 anni, sposato con due figli era stato arrestato il 18 febbraio dalla sicurezza interna israeliana – lo Shin Bet – con l’accusa di aver lanciato pietre contro una pattuglia dell’esercito. Per questo era stato rinchiuso nel carcere speciale di Megiddo, dove secondo le autorità  israeliane sarebbe morto per un attacco cardiaco. Ma all’autopsia – eseguita dai due luminari forensi israeliani – era presente anche il dottor Saber Aloul, capo del dipartimento di patologia clinica dell’Anp. I pareri divergono completamente: per i medici israeliani è morto di infarto mentre per il medico palestinese sono evidenti i segni delle torture subite. Il 21 febbraio Jaradat aveva incontrato il suo avvocato, Kamil Sabagh: «La schiena gli faceva male e si è lamentato di essere stato costretto dallo Shin Bet a restare per ore in una posizione dolorosa». Sabagh aveva chiesto al giudice militare che Jaradat fosse sottoposto a visite mediche e psichiatriche. Ma non c’è stato tempo. Il 23 febbraio è morto “di infarto”.
L’esercito israeliano in Cisgiordania è da ieri nella massima allerta nel timore che la protesta possa dilagare. Oggi altri momenti di tensione si avranno quando vicino Hebron avranno luogo i funerali di Jaradat.

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