Monti rilancia la grande coalizione

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ROMA — «I gravi problemi richiedono un consenso piuttosto largo. Per questo mi sono dichiarato spesso a favore di grandi coalizioni, anche quando era quasi una bestemmia dirlo». Mario Monti, in tour elettorale in Sicilia, torna a ipotizzare un governo di larghe intese. Ipotesi che potrebbe trovare un suo spazio se il Pd non ottenesse la maggioranza assoluta, ma anche se naufragasse l’ipotesi di un accordo di governo tra il partito di Pier Luigi Bersani e il centro, per incompatibilità  politica o per insufficienti consensi elettorali. Ipotesi, quella della grande coalizione, che il segretario del Partito democratico Pier Luigi Bersani non esclude a priori, ma con paletti ampi e ben definiti: «Non so che cosa Monti voglia dire con grande coalizione. Se sono quelle cose dove non c’è più né destra né sinistra, io non ci credo, questo no. Se invece c’è una barra, una maggioranza e un governo e serve una psicologia di apertura, di colloquio, di dialogo, allora sì. Basta che questa cosa non riguardi Berlusconi, per capirci».
Monti, all’ultimo miglio della campagna elettorale, punta tutto sul 30 per cento degli indecisi: «Sono le persone scontente o frastornate per l’inconcludenza della politica degli ultimi 20-30 anni. Non votare o votare Grillo non serve». Il premier derubrica a «contestazione organizzata» le proteste che l’hanno accolto a Catania. Poi affronta il tema delle alleanze: «Non ci può essere alleanza con la coalizione attuale del polo di centrosinistra che ha posizioni sulle riforme strutturali, in particolare quella sul lavoro, profondamente diverse dalle nostre». Anche Pier Ferdinando Casini sembra chiudere al Partito democratico: «Non ci ha ordinato il medico di andare al governo. Siamo stati tutti questi anni all’opposizione, possiamo continuare a starci».
E così si torna al tema delle larghe intese: «Il bipolarismo è fallito — dice Monti — Io finora sono l’unico che in Italia ha governato una grande coalizione. Non ho nessuna ostilità  verso le grandi coalizioni su tempi limitati e con oggetti limitati. Il punto è che richiedono grandi riforme. Allora io sarei disponibile a coalizioni grandi o piccole ma solo con chi ha voglia davvero di fare le riforme». Monti va oltre: «Può darsi che condividere alcune importanti cariche istituzionali giovi in questo senso». Ovvero, concedere una Camera alle opposizioni. Tesi, quest’ultima, condivisa da Massimo D’Alema.
Terreno difficile, quello delle riforme, perché gli italiani sono stanchi di tasse e sacrifici. «È stato un anno travagliatissimo», ammette Monti. Che non vuole che i sacrifici chiesti agli italiani «finiscano nel falò delle promesse elettorali».
Allude soprattutto a Berlusconi, con il quale è ormai guerra. Il Cavaliere lo definisce un «dilettante al governo», anzi «una jattura». Monti reagisce con understatement: «Mi citate le accuse di Berlusconi e Tremonti e i loro infausti presagi: ma sono loro ad aver creato quest’emergenza, permettetemi di non rispondere». Risponde invece Casini, che dice: «Monti è arrivato chiamato dalla politica e da quel buffone di Berlusconi. Gli ha diagnosticato un tumore e lo ha operato».
Ai siciliani Monti parla della questione meridionale: «Pur essendo un uomo del Nord, confesso che non ho mai capito cosa è la Padania. Anzi dubito che esista». E ancora: «Mi chiedo come faccia la Lega a rivendicare di trattenere il 75 per cento delle tasse per la Lombardia considerando che è coalizzata con il Grande Sud».
Monti affronta poi il tema del lavoro per i giovani: «È una priorità  assoluta. Dobbiamo unire le forze: dare prospettive per evitare che disoccupati ed emigranti finiscano nelle mani delle organizzazioni criminali».
Sul fronte sinistro, anche Antonio Ingroia fa il punto sulle alleanze. Ipotizza un’intesa con il Pd, «ma solo se abbandona definitivamente il sostegno a Monti». Più concreta l’ipotesi di convergenza con Beppe Grillo: «Sono convinto che con il Movimento 5 Stelle si potrà  ragionare in Parlamento».
Quanto al sindacato, Susanna Camusso, segretario della Cgil, aiuta indirettamente le tesi più riformiste dei democratici: «È straordinariamente importante che si apra una stagione di dialogo con Confindustria e con tutte le altre associazioni che abbia però anche l’idea di ricostruire, perché non si può agire solo sulla flessibilità  e sulla precarietà ».


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