Monti: il Pd dovrà fare delle scelte Ma Vendola «frena» Bersani
ROMA — Una triangolazione difficile, con al centro il Pd di Pier Luigi Bersani, a sinistra l’alleato ufficiale Nichi Vendola e a destra l’alleato potenziale Mario Monti. Le parole del segretario democratico, che da Berlino non ha escluso un governo con i centristi, provocano una reazione a catena. Da una parte il Professore, che chiede a Bersani di «fare delle scelte dentro il suo polo», chiedendogli di rompere l’alleanza con Sel; dall’altra Vendola, che ribadisce l’«incompatibilità » con Monti, con il quale «sul tema dei diritti e sulla visione economica ci sono distanze siderali». Monti, alle Invasioni barbariche di La7, replica: «Vendola non mi vuole? L’amore è una libera scelta».
Le reazioni nel Pd
Una brusca accelerazione sul tema delle alleanze che si basa sul difficile equilibrio tra propaganda elettorale e realismo politico. Bersani, di fronte alla grande eco suscitata dalle sue parole, ora minimizza e un po’ s’arrabbia: «È una frase che ripeto come una giaculatoria da due mesi. Io non misuro tutti i giorni quanti metri di distanza ho da Monti». Nervosismo che si spiega anche con una reazione interna nel Pd, preoccupato da un abbraccio con il Professore che, troppo ostentato, rischia di essere controproducente. Per questo è partita una controffensiva di rassicurazioni. Da Anna Finocchiaro a Enrico Letta fino a Dario Franceschini. Persino Giuseppe Fioroni ha parole suadenti verso Vendola: «Non è un populista, è l’espressione di uno dei migliori presidenti di Regione». Massimo D’Alema attribuisce a Bersani il compito di «trovare una sintesi». E il segretario ci prova così: «Il mio polo è il mio polo e che nessuno lo tocchi. A partire da lì sono pronto a discutere». In serata arriva anche a escludere Monti ministro: «Non esiste, chi vince dovrà governare».
L’offensiva del centro
Intanto anche il centro si sbraccia per negare che ci sia già un accordo. Lo dice Monti e lo ripete Casini: «L’accordo tra il Pd e Monti non esiste. Piuttosto esiste l’intenzione di dialogare a 360 gradi sulle regole del gioco». Fini dice sì a Vendola «sulla cittadinanza agli immigrati, no per tutto il resto». E Luca Cordero di Montezemolo, nel suo comizio, la spiega così: «Questi discorsi sulle alleanze sono in funzione di tattiche preelettorali».
Gli attacchi del Pdl
In questa trama di veti incrociati, il Pdl prova a inserirsi per evidenziare le contraddizioni. Maurizio Gasparri: «Con il patto Molotov-Ribbentrop fra Bersani e Monti, siglato a Berlino, Monti tradisce i moderati». Fabrizio Cicchitto: «Il centrosinistra è una babele, si torna all’Ulivo». Ignazio La Russa: «Bersani ha paura di perdere e allora cerca di correre ai ripari, prefigurando un’alleanza innaturale che va da Bocchino a Vendola». E Berlusconi parla di «inciucio» tra Monti e Bersani, «che praticano la stessa religione, quella delle tasse».
I debiti e i Btp
Bersani prova a uscire dal tema delle alleanze, rilanciando sull’economia con una sua «proposta choc», dopo quella di Berlusconi sull’Imu. Il «nostro governo pagherà gli arretrati alle aziende che hanno lavorato per la pubblica amministrazione per un importo pari a 10 miliardi di euro l’anno per 5 anni. La liquidità sarà trovata emettendo titoli del Tesoro sul modello Btp Italia».
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LE METAMORFOSI DEL BIPOLARISMO
«QUALCOSA mi dice di non candidarmi», aveva confessato Mario Monti nel colloquio con Eugenio Scalfari su Repubblica di ieri. Quella «voce di dentro», che in lui covava da tempo insieme a quelle che invece, da fuori, lo spingevano a candidarsi, alla fine ha avuto un peso. L’ultima conferenza stampa del Professore, cerimonia di commiato di un tecnico al capolinea, non si è trasformata nell’epifania di un leader pronto a «salire in politica» con la sua faccia e con la sua lista. Monti, per ora, non si candida. O meglio: si candida, ma a modo suo. Da «candidato riluttante».