by Sergio Segio | 8 Febbraio 2013 7:34
BRUXELLES — Forse non finirà alla presidenza del Senato o alla Farnesina, come qualcuno gli ha predetto. Ma questo, per Mario Monti, potrebbe essere comunque il penultimo o l’ultimo vertice europeo nelle vesti di primo ministro (anche se già a metà marzo i leader torneranno a incontrarsi qui). Perciò, dice qualcuno, il Professore è giunto a Bruxelles pronto a far saltare il tavolo e a usare il veto italiano se non ci sarà il compromesso sul bilancio 2014-2020: niente mezze misure, per un preannuncio di gran finale. Ma non è così, o non è del tutto così. In gioco c’è ovviamente di più. Monti lo dice già all’arrivo, spiegando la linea dell’Italia affiancata a Francia, Spagna, ai Paesi che temono di perdere fondi vitali per le loro economie: «Crescita ed equità sono più che mai due ingredienti cruciali per il progresso dell’Europa. Ci batteremo perché entrambe queste cose si realizzino e speriamo che ci possa essere un accordo». Quanto alla possibilità del veto, «contano i risultati e spero di poterveli commentare questa notte, domani».
Anche l’ordine dei primi incontri — il vertice è iniziato con 5 o 6 ore di ritardo — dice qualcosa: Monti, accompagnato a Bruxelles dai ministri Enzo Moavero, Fabrizio Barca e Mario Catania, vede subito in un colloquio «trilaterale» il presidente francese Franà§ois Hollande e il premier spagnolo Mariano Rajoy, cioè i suoi alleati più diretti con i quali condivide — spiega una fonte diplomatica — «una visione comune del futuro dell’Europa». Poi ancora Martin Schulz, presidente dell’Europarlamento e socialdemocratico tedesco, giocatore importante perché sarà proprio l’Europarlamento a dire l’ultima parola sull’ipotesi d’accordo; ma anche un giocatore non certo allineato a posizioni ultrarigoriste come quelle del britannico David Cameron o dell’olandese Mark Rutte. Si riforma, prima ancora che il vertice abbia formalmente inizio, una linea del centro e Sud-Europa saldata intorno a quella parola d’ordine, «crescita ed equità ». Mentre, in altre salette, si riuniscono i leader rigoristi. E la posizione di Roma trova anche qualche conferma nelle cifre: l’Italia, primo Paese contribuente netto (dà alla Ue più di quanto riceva) in quest’ultimo settennato si sarebbe dovuta rassegnare a uno «sbilancio» di circa 4,5 miliardi.
Dopo Schulz, Monti vede José Manuel Barroso, il presidente della Commissione Europea, ed Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio Europeo: incontri che in altre occasioni sono quasi di routine, ma in questo caso no, perché né Barroso né Van Rompuy sembrano voler appoggiare Cameron o rischiare più di tanto nell’allinearsi all’altra grande «rigorista», la Germania. E così, non è di routine il colloquio a due con Elio Di Rupo, il primo ministro socialista del Belgio che con Monti sembra avere una collaudata intesa. Il «pre-vertice» si conclude per il Professore con l’incontro più difficile, quello con la cancelliera tedesca Angela Merkel. Intanto Van Rompuy sta già allineando sul grande tavolo dei leader la sua bozza di compromesso. È notte, a Bruxelles, e le grandi schermaglie non sono ancora iniziate.
Luigi Offeddu
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