Missione Onu al palo. La Ue sblocca gli aiuti

by Sergio Segio | 13 Febbraio 2013 8:18

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Duecentocinquanta milioni di euro. È la cifra che l’Unione europea ha stanziato ieri per gli aiuti al Mali, dal momento che – fa sapere un comunicato del commissario europeo allo Sviluppo, Andris Piebalgs, «l’adozione rapida da parte delle autorità  maliane di un piano per restaurare la democrazia e la stabilità  ha aperto la strada alla rimozione delle misure prese dopo il colpo di stato del marzo 2012 e alla ripresa graduale degli aiuti allo sviluppo, in modo da rispondere ai bisogni urgenti della popolazione».
Ma gli effetti collaterali di quel golpe militare si fanno sentire ancora oggi, se è vero che negli ultimi giorni il governo maliano è sembrato «esitante» di fronte alla prospettiva di dover dare il via libera a una missione internazionale «di pace» targata Nazioni unite. I giovani ufficiali guidati dal capitano Amadou Sanogo, che dopo il putsch e la destituzione del presidente legittimo Amadou Toumani Touré avevano designato l’attuale presidente ad interim, Dioncounda Traoré, non hanno mai nascosto la loro avversità  all’idea di un intervento straniero e sono stati costretti a far buon viso a cattivo gioco solo quando per fermare l’avanzata islamista si è mossa la Francia.
Fatto sta che ora il vice-segretario generale dell’Onu, Jan Eliasson, fa notare: «Non ci è ancora arrivato nessun segnale chiaro di luce verde dal governo del Mali a un’operazione di peacekeeping per la quale un numero sempre crescente di paesi sembra propendere». D’altro canto l’intervento di peacekeeping potrebbe aver luogo solo una volta cessate le ostilità  e i combattimenti sul terreno. E non è questo il caso. Inoltre vari paesi africani, a cominciare da Ciad e Niger, hanno impegnato già  le loro truppe nell’operazione di riconquista del nord. E saranno proprio queste a formare il grosso della missione di pace sponsorizzata dall’Onu. Intanto le truppe franco-maliane continuano la loro avanzata. Negli ultimi giorni è stato ripreso il controllo di Ménaka, città  a 80 km dalla frontiera con il Niger, «liberata» una prima volta dall’esercito nigerino, poi occupata dai guerriglieri tuareg dell’Mnla (Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad) e infine rimessa in sicurezza dai corpi d’élite di Parigi.
L’Unicef infine torna a denunciare la realtà  – inedita per il Mali – dei bambini arruolati a forza da vari gruppi armati durante i dieci mesi di occupazione delle principali città  del nord.

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