by Sergio Segio | 2 Febbraio 2013 7:48
ROMA — L’affondo di Mario Monti arriva all’improvviso: «Pd e Pdl non possono offrire una visione nuova, come possiamo fare noi, membri della società civile. Perché uno è stato fondato nel ’94, quindi non è né vecchio né nuovo; uno credo che risalga al 1921». Un’assimilazione de facto del Partito democratico al Partito comunista italiano che fa andare su tutte le furie i dirigenti del Pd, con un’onda di dichiarazioni che stigmatizzano la «deriva paraberlusconiana» del professore. Tanto che il presidente del Consiglio decide di intervenire nuovamente, rettificando il tiro — «Non sono stato bene inteso» — e spiegando che «ovviamente» il Pd non è nato nel ’21, ma ha «una storia gloriosa della quale vanno giustamente fieri».
Botta e risposta che la dice lunga sullo stato dei rapporti tra il presidente del Consiglio e il Partito democratico. Rapporti che sembrano essersi irrimediabilmente guastati, anche perché un successo delle liste montiane farebbe diminuire la probabilità che Pd e Sel conquistino la maggioranza assoluta anche al Senato, necessaria per governare da soli.
Monti arriva a Napoli per incontrare i candidati campani delle sue liste e per presentare la sua Agenda per il Mezzogiorno. Sette punti che prevedono, tra l’altro, la riduzione dell’Irap per le aziende del Sud, in via prioritaria, e un «fondo opportunità » per i giovani. A Napoli incontra anche esponenti locali e viene omaggiato con pizze con il suo nome decorato e farcite con bufala, pomodorini del piennolo e torzelle.
Monti fa sapere di accettare il confronto tv su Sky e spiega che «la promessa elettorale è un genere letterario nel quale altri abbondano molto più di me». Poi, al termine della visita di una casa di accoglienza per ragazze madri, insieme al ministro Andrea Riccardi e al cardinale Crescenzio Sepe, si sofferma sulla situazione dell’Italia: «Il nostro Paese deve uscire da anni di torpore e di difficoltà e la politica deve dare un contributo forte per migliorare la situazione». Poi parla di università : «No alle baronie e ad assunzioni dei familiari». In serata, a Matera, Monti subisce la contestazione di alcune decine di persone. Che commenta così: «Hanno perfettamente ragione. L’Italia è stata dilapidata per vent’anni».
Ma è sulla «visione nuova» che inciampa il Professore, provocando un fuoco di fila di dichiarazioni che coinvolge quasi tutti gli esponenti del Pd, filomontiani compresi. Pier Luigi Bersani fa trapelare tutta la sua irritazione: «Monti stia almeno nei limiti, quando critica il Pd. La battuta di oggi è stata veramente infelice. Il nostro è un grandissimo progetto di rinnovamento della società italiana, di cui lui non ha neanche la vaga idea». Segue, a giro di ruota, il commento (ironico) di Matteo Renzi: «Il Pd nato nel ’21? Deve essersi confuso con la sua carta di identità ». Più duri gli altri. Anna Finocchiaro: «Monti è sempre più uguale a Berlusconi, anche nel ritrattare». Rosy Bindi: «È l’ultima cosa che ci si poteva aspettare da Monti. Cerca il consenso dei berlusconiani delusi ma non l’avrà ». Anche Enrico Letta non fa sconti: «È una deriva similberlusconiana: gli ultimi argomenti elettorali di Monti sono senza scusanti». Dario Franceschini: «Ora Monti la smetta, offende innanzitutto la sua intelligenza». Paolo Gentiloni: «È come descrivere lui come un erede di Forlani. O di Almirante».
Offensiva che Monti decide di bloccare. Su Twitter, seccamente: «Mi riferivo alla novità della nostra proposta. Non sta a me rifare la storia di altri partiti. Manteniamo la serietà ». E poi sul suo sito, in modo più dettagliato: «Forse non sono stato chiaro. Intendevo riferirmi alla novità della nostra proposta politica». Che è più giovane «e più fresca» di quella del Pdl e anche del Pd, anche se, «ovviamente sappiamo tutti che non è nato nel ’21, atto di nascita del Pci»: «Sono partiti che hanno una storia gloriosa, della quale vanno giustamente fieri, ma non tocca a me rifare la storia del Pci o di altri partiti». Poi l’appello a «tutti, ma proprio tutti» a «osservare i limiti della serietà nel dibattito elettorale». E a tarda sera, a «Leader» di Lucia Annunziata su Rai Tre, prima risponde a Renzi: «Non so se contempla la rottamazione extrapartito, ma io ho 20 anni meno di quanto ha detto». Poi aggiunge: «Trovo il Pd un pochino suscettibile. Mi dispiace che si leggano cose che non appartengono alle intenzioni di chi parla. Qualche giorno fa ho detto che a differenza di Berlusconi non ritengo affatto che ci sia un pericolo comunista. So bene che il Pd è nato nell’ottobre del 2007, ma volevo dire che ci sono anche ascendenze lontane».
Presto anche le liste montiane potrebbero avere il loro «congresso di Livorno» (nel quale nacque il Pci), visto che Pier Ferdinando Casini annuncia: «Il 25 febbraio il lavoro non è compiuto ma inizia, perché abbiamo il compito di sedimentare in Parlamento e nel Paese quest’area politica che si è impegnata a fare gruppi uniti senza disperderla in mille rivoli personali». Di più, «riusciremo a trasformare un grande evento elettorale in un partito radicato». Dunque le liste che fanno capo a Monti, Montezemolo e a Casini presto potranno diventare un vero partito.
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