by Sergio Segio | 12 Febbraio 2013 7:44
Però il comico ha messo a punto il suo intervento. Mezz’ora di comicità , tra monologhi, personaggi e canzoni, così pare, tutto ancora da soppesare. E l’ipotesi che i quattro leader si materializzino sul palco dell’Ariston non è affatto remota.
Ma non c’è solo questo. Al suo talento da trasformista non è sfuggito nemmeno Papa Ratzinger, occasione imperdibile il giorno successivo alle dimissioni del pontefice. Anche qui si formulano ipotesi suggestive. Due su tutte. La prima è che l’attore sfidi l’ira dei cattolici e l’imbarazzo della Rai, e imiti il Pontefice esodato per sua scelta. La seconda, più laica, è che Crozza si affidi a un Berlusconi aspirante Papa, magari vestito di bianco. Del resto chi se non l’Unto del Signore, potrebbe avere legittime aspirazioni al soglio vacante?
La satira politica in tv ha sempre più un unico volto. Agisce in regime di monopolio. C’è solo lui, il Fattore C, la comicità che scende in politica. Senza i Guzzanti Brothers, con Grillo che ha cambiato mestiere (o forse no), con Luttazzi di cui si sono perse le tracce. Ridotti a zero i programmi in cui l’attualità politica detta la sua agenda comica, ora è tutto sue spalle di quest’uomo di 53 anni, dalla testa lucida e dai mille volti, uno nessuno centomila. Si divide tra Rai3 (Ballarò) e La7 (Crozza nel Paese delle Meraviglie). Dieci minuti da una parte, un’ora dall’altra dove coglie il lato surreale e lunare della politica. Ridere per non piangere.
Tendenzialmente bipartisan la comicità di Crozza. Al di là di simpatie che sembrano pendere chiaramente a sinistra, Bersani è diventata la parodia più celebre. Un linguaggio contadino fatto di metafore improbabili: «Oh, ragassi… siam mica qui a spalmare l’Autan alle zanzare». «Oh, ragassi… siam mica qui a togliere le occhiaie ai Panda». Fino alla migliore: «Oh ragassi… siam mica qui a smacchiare i giaguari», ripresa pura da Bersani, quello vero, per la vittoria di Pisapia («Abbiamo smacchiato il giaguaro!»).
Ha colto in un attimo il farfugliare svogliato di Ingroia, il suo spirito indolente, quasi scocciato di dover dare delle risposte su programmi e candidati, quasi non fosse affar suo. L’esatto opposto di Berlusconi, del suo scenografico ottimismo, della sua euforia sopra le righe, profusa di sorrisi a pianola, come i soldi che regala a chiunque incontri, tanto li toglie a sanità e istruzione. Nella politica spettacolo quello che si muove meglio è proprio Berlusconi — quanti comici ogni volta dicono che San Silvio da Arcore gli ha rubato il mestiere? — e così il Cav incassa sportivamente: «Non temo Crozza, anzi lo giudico molto bravo, molto simpatico, estremamente intelligente e mi diverto quando fa le sue caricature, anche quando fa la mia, molto azzeccata».
Non sorride invece Monti. Un robot che parla e si muove a scatti, che traspira umanità da ogni chip, al di là dei vani tentativi di mostrarsi umano solo a scopo elettorale. E che dire della coppia da Muppet Show Bossi-Maroni? O di Gianroberto Casaleggio? Lo sfuggente braccio destro di Grillo, il guru del Movimento 5 Stelle, è un veggente reggae con i piedi fortemente poggiati sulle nuvole, che prevede un futuro assurdo: anno 2050, le lavatrici restituiranno tutti i calzini.
Crozza si autodefinisce un guitto e la scelta politica di Grillo, genovese come lui, non l’ha capita: «Io non ce la faccio a essere come lui, fondamentalmente resto un cazzone». Stasera ne darà prova.
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