«Resistenza zero» e poi in fuga tra le montagne degli Ifoghas

by Sergio Segio | 1 Febbraio 2013 8:18

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I guerriglieri islamisti nel nord del Mali «hanno subito pesanti perdite e sono allo sbando», assicura il ministro della Difesa francese Jean-Yves Le Drian: molti di loro sarebbero semplicemente «tornati a casa dopo un’avventura militare», altri invece avrebbero preferito «una ritirata strategica nell’Adrar degli Ifoghas», la vasta regione montagnosa nel nord-est del paese, ricca di nascondigli naturali. Le Drian risponde così a chi gli chiede le ragioni della “resistenza zero” opposta dai jihadisti all’avanzata delle truppe franco-maliane. È una strategia, gli fa eco il presidente maliano ad interim, Dioncounda Traoré, secondo il quale i miliziani si sarebbero «ritirati dalle città  per non essere presi in trappola, ma senza allontanarsi troppo dagli agglomerati urbani».
Le Drian non vuole però svelare quale sarà  la tattica che i corpi speciali francesi intendono adottare dopo aver preso il controllo di Kidal, l’ultima città  importante del nord Mali, «liberata» nel corso dell’Operazione Serval. Qualche indicazione in più la forniscono i raid condotti ieri dall’aviazione francese nella regione di Aghelhok, un centinaio di chilometri a nord di Kidal: secondo il portavoce dello Stato maggiore transalpino, colonnello Thierry Burkhard, sono stati colpiti «obiettivi molto importanti, centri di commando, depositi per la logistica e campi di addestramento».
Ma il vero problema di Parigi, nell’immediato, riguarda la gestione della «conquista» di Kidal. Gli indipendentisti tuareg (laici) e gli islamisti (ex Ansar Eddine) del Mia (Movimento islamico dell’Azawad) sono stati chiari: massima apertura al dialogo e spirito collaborativo per sconfiggere i «terroristi», ma nessuna intenzione di accettare l’ingresso in città  delle truppe maliane, Troppo alto il sospetto di ritorsioni e vendette sommarie simili a quelle che si sono verificate a Gao e Timbuctu. Kidal, a differenza delle altre città , ha una popolazione in maggioranza tuareg. Le ragioni per temere l’atteggiamento non proprio superpartes da parte dell’esercito regolare di Bamako hanno radici storiche molto profonde. Ai tuareg in verità  non piace neanche l’eventualità  che a prendere il controllo siano le truppe nigerine e ciadiane, avanguardia della missione internazionale Misma, Invece Parigi vorrebbe tanto accelerare il dispiegamento di questa forza-interafricana autorizzata dall’Onu, che però tarda a entrare in scena e a prendere il «testimone». Solo i soldati di Niger e Ciad, 2.000 uomini circa, sarebbero finora presenti sul terreno.
Conclusa senza particolari intoppi l’avanzata verso nord, la Francia torna poi a chiedersi che fine abbiano fatto i sette ostaggi rapiti tra il Niger e il Mali, nel 2011 e 2012, ad opera di al Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi) e del Mujao (Movimento per l’unicità  della jihad in Africa occidnetale). La risposta, anche qui, punta in direzione del massiccio degli Ifoghas, una terra “incognita” e sterminata (circa 250 mila chilometri quadrati), che sembra destinata a diventare il vero Afghanistan della Francia nei mesi a venire.

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