Londra, rivolta Tory sulle nozze gay

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LONDRA — La legge sui matrimoni gay sembrava una questione bipartisan, sostenuta in Francia dai socialisti così come in Gran Bretagna dai conservatori, la prova che le differenze tra destra e sinistra si affievoliscono e che perlomeno su certe questioni il divario è tra modernizzatori e tradizionalisti. Ma il giorno dopo l’approvazione a Parigi delle nozze tra omosessuali, a Londra si avvertono i segnali di una rivolta d’ampio respiro tra i Tories per bloccare o almeno boicottare il progetto di riforme, simile a quella francese, che sarà  messo ai voti domani alla camera dei Comuni. Circa 180 deputati voteranno contro la nuova legge, secondo indiscrezioni pubblicate dal
Daily Telegraph, inclusi quattro importanti membri del governo, tra cui il ministro della Difesa Philip Hammond. Storici dirigenti del partito, come Malcom Rifkind e Liam Fox (altri due ex-ministri della Difesa) sono anch’essi schierati contro il provvedimento. Venticinque segretari regionali hanno firmato una petizione inviata a Downing street, chiedendo al primo ministro David Cameron di rinviare la legge al 2015, convinti che in caso contrario essa potrà  avere «gravi ripercussioni sulle elezioni» previste per quell’anno.
Il premier ha portato avanti l’iniziativa nella convinzione che la legge sui matrimoni gay (civili e religiosi, qualora una religione li consenta) farebbe apparire il partito conservatore più moderno e gli farebbe guadagnare i voti di molte coppie omosessuali di opinioni moderate, ma che finora non lo hanno votato percependolo come un ostacolo alle loro unione. Ma la base dei Tories teme che il sostegno di Cameron alla legge faccia perdere consensi tra i sostenitori più tradizionali, che la interpreterebbero come una tradimento dei loro valori. Un sondaggio dei giorni scorsi, in effetti, indica che un conservatore su cinque, dunque circa il 20 per cento, non voterebbe più per il proprio partito se la legge verrà  approvata. Ai Comuni, il premier rischia di trovarsi in minoranza fra i suoi: martedì soltanto 120 deputati dei Tories voteranno per la legge, mentre circa 180 voteranno contro o si asterranno.
Sarebbe un risultato politicamente imbarazzante per Cameron, anche se non basterebbe a fermare la svolta: infatti sia i liberal-democratici, alleati dei Tories nella coalizione di governo, sia i laburisti, che stanno all’opposizione, hanno già  manifestato intenzione di votare a favore del provvedimento, che perciò dovrebbe passare comunque. C’è più incertezza, casomai, sulla sua sorte alla camera dei Lord, generalmente di orientamento più conservatore, dove verrà  votato in maggio. In ogni caso è la riprova di come sia difficile cambiare un partito: a Londra la decisione del premier di sostenere i matrimoni gay viene paragonata a quella di Tony Blair di abolire la clausola nello statuto del Labour a favore della nazionalizzazione dei mezzi di produzione, un retaggio del socialismo vecchia maniera. Ma Blair fece la sua riforma quando non era ancora premier e gli servì a guadagnare voti al centro e a conquistare il potere. Cameron, con la propria, rischia invece di ritrovarsi il partito contro e di finire per perdere Downing street.


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