Lo tsunami di Grillo invade Torino

by Sergio Segio | 17 Febbraio 2013 9:15

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TORINO â€” Il camper di Beppe Grillo si fa strada sotto al palco mentre piazza Castello è già  piena. Sono tantissimi, a Torino, al comizio-spettacolo del leader 5 stelle. Persone di tutte le età , bambini sulle spalle dei genitori, ragazzi con telefonini e iPad alzati a riprendere tutto per poi postarlo su Facebook e dire: «Io c’ero». Qualcuno non sa bene cosa aspettarsi: «Parlano di Sanremo. Forse è Crozza». Oppure, quando annunciano la consigliera comunale Chiara Appendino: «Ah, sì, quella di X Factor». C’è però chi è lì da prima, chi è venuto per una ragione: Beppe Grillo.

È una fredda giornata di sole con poche bandiere: due no Tav, qualche logo del Movimento, un vecchio drappello arcobaleno. La gente urla «Fuori, fuori», «Beppe, Beppe». Lui tarda, mentre a scaldare gli animi si alternano gli attivisti cittadini. Denunciano scandali di destra e sinistra, dalla piazza arrivano fischi e buu per il sindaco Piero Fassino, per il governatore Roberto Cota. Un trio di ragazze canta una canzone anticasta. Grillo scende dal camper mettendo su la faccia sorpresa di chi non crede ai suoi occhi. Era chiuso a fare un’intervista con dei reporter della Bbc, gli unici cui è stato donato un cartellino stampa e che non devono battagliare mezz’ora per stare sotto palco. Sale di corsa, prende la parola, è un boato. Parte col repertorio degli ultimi giorni: «Il camper ce lo prestano, ci regalano salumi, formaggi, paghiamo il gasolio col baratto, questi ragazzi che lavorano con me fanno tutto gratis». Non parla della raccolta fondi sul sito, non invita a donare come fanno i banner sul blog. Vuole far risaltare la differenza tra i suoi, e gli altri: «Le facce di culo che vediamo in tv», urla subito prima dell’ovazione della folla. Poi se la prende con la Rai: «Basta un canale, gli altri li vendiamo». Con i giornali: «Mettono le foto di me che urlo, poi l’Espresso scrive: “Affideresti il Paese a uno così?”». Chiama Repubblica «il Postal Market del Pd». «Hanno scritto che invito Al Qaeda a bombardare il Parlamento. Ho ricevuto 252mila e-mail che mi dicevano: “Sì, ti prego, convincili” ». Poi tocca alla Fiat, a De Benedetti, a Bersani-Gargamella, a Monti-l’esorcista.
Parla di un mondo in cui la paga di un ad non potrà  superare più di 12 volte quella di un operaio, in cui basta fare una legge che costringa i produttori di frigoriferi a smaltirli, in cui tutti avranno un reddito di cittadinanza. Ma non tralascia ricette economiche care alla destra, come la possibilità  di uscire dall’euro («Bisogna deciderlo con un referendum») mentre accarezza il popolo delle partite Iva e dei piccoli imprenditori con l’ormai collaudato programma anti-tasse. Batte su Monte Paschi: «Serve una commissione d’inchiesta per i vertici del Pd dal ’95 a oggi», grida a gran voce. «Il Pd non è andato a votare in massa perché lo scudo fiscale conveniva anche a loro, per ripulirsi le tangenti ». Una ragazza col caschetto rosso e la sciarpa a righe annuisce: «Fanno tutti schifo».
Continua con Napolitano: «Avessimo avuto un presidente vero avrebbe detto: “Fuori i nomi”, invece ha accarezzato la scrivania e dichiarato: “Privacy”». Col Papa: «Ha fatto due twitter e si è accorto che la Chiesa era ferma a mille anni fa, che i preti devono potersi sposare e fare figli». Con la giustizia, la burocrazia, i costi della politica: «I soldi li troviamo facendoci restituire un miliardo e mezzo di rimborsi elettorali». La faccia cattiva la usa anche coi cameraman: «Questo è del Tgcom, non riprende la piazza, girala, girala. Ecco, hanno mandato la pubblicità !». Urla, fischi, buuu.
La faccia buona la mostra invece ai candidati che parlano dopo di lui. E a chi lo aspetta di sotto. Un uomo invalido gli racconta le peripezie e i problemi con l’Inps: «Ci penso io, facciamo un videino, ti aiutiamo noi». Accarezza le ragazze,
le nonne, i malati, le teste dei bambini. Si ferma con i cronisti per dire che non c’è una nuova Tangentopoli, è peggio: «Quelli al confronto erano dilettanti. I partiti hanno smembrato tutto. Siamo pieni di macerie». Gli lasciano biglietti sotto al tergicristallo: «Beppe, salvaci tu». Lui confessa: «Tutti mi chiedono qualcosa, ogni giorno staffilate al cuore». Poi va via, destinazione Alessandria, terza tappa in un giorno. Su Twitter mette una foto e scrive: «La piazza che le tv non vi faranno vedere». Continua col vittimismo della stampa che lo oscura, quando è tutta lì, tenuta a debita distanza da staff e servizio d’ordine. Restiamo con chi smonta il palco: «2000 euro per l’impianto audio, noi candidati abbiamo messo 150 euro ciascuno». Davide Bono spara alto: «Ci dicono che siamo al 21 per cento, ma vogliamo superare il 30. Di limiti, non ne vediamo più».

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