«Mio marito Chokri ucciso dai sicari della dittatura islamica che avanza»

by Sergio Segio | 8 Febbraio 2013 8:06

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Colpisce la compostezza sofferente ma fiera di Basma Khalfaani mentre accetta di parlare dell’assassinio mercoledì mattina di Chokri Belaid, il leader della sinistra assurto a martire della Tunisia laica in lotta contro i fondamentalisti, che è anche padre delle loro due figlie di 5 e 8 anni. Gli occhi cerchiati di rosso, la voce esausta, ma assieme una determinazione consapevole nel ricevere le condoglianze di migliaia e migliaia di attivisti, militanti, studenti, semplici cittadini. «Pure, non perdo le speranze nella giustezza della nostra primavera araba due anni fa. Non è il capolinea, ci troviamo nel mezzo di un complesso processo politico», aggiunge tutto di un fiato. «La reazione spontanea delle piazze dimostra che esiste una Tunisia sana, pronta a combattere per la libertà . Ciò prova che mio marito non è morto invano. Serve per scuotere le coscienze. I prossimi giorni ci vedranno rilanciare la nostra guerra contro i radicali religiosi». La conferma arriva dalle ultime cronache. Oggi sarà  una giornata difficile, sono attesi scontri per il funerale di Belaid nel pomeriggio. Gli islamici saranno riuniti in occasione delle preghiere del venerdì e potrebbero rinfocolare la tensione già  alle stelle. Il sindacato ha indetto un grande sciopero generale di protesta. E il braccio di ferro tra laici e religiosi potrebbe peggiorare dopo che ieri gran parte di Ennahda, il maggior partito islamico al potere, non ha accettato le proposte del premier Hammadi Jebali di sciogliere il governo per designare un esecutivo tecnico per traghettare il Paese alle elezioni anticipate.
Chokri 48 anni, Basma 42, erano sposati dal 2001. Lei ci ha parlato ieri pomeriggio per una ventina di minuti seduta nel minuscolo salotto nell’abitazione dei genitori di lui a Jebel Jelud, uno dei tanti anonimi quartieri popolari alla periferia della capitale. Nulla a che vedere con il lusso dei palazzi coloniali nel centro e men che meno con le villone lungo la costa. Qui le casupole sono cubi di cemento grezzo non più alti di due piani, definiti da dedali di viuzze con le fogne a cielo aperto. In altri Paesi del Medio Oriente e Nord Africa sarebbero, di questi tempi, centri di reclutamento ideale per i gruppi islamici radicali. Ma non in Tunisia, dove le sinistre ed il movimento sindacale hanno radici popolari antiche. I muri tutto attorno sono decorati con il pugno chiuso e la stella rossa, che sono i simboli del Partito dei Patrioti Democratici, di cui suo marito era il leader indiscusso.
Basma non ha dubbi: «Ennahda protegge e sostiene gli estremisti islamici. A parole condanna il terrorismo, ma nei fatti i sicari di mio marito sono figli suoi». Le prove? «Da oltre un anno Chokri subiva minacce continue: telefonate anonime, lettere, messaggi via Internet. Alcuni imam aizzavano ad ucciderlo pubblicamente nei loro sermoni dalle moschee. Lui ripetutamente aveva contattato la polizia e il ministero degli Interni per chiedere protezione. Ma non aveva mai ricevuto risposte. L’ultima volta era avvenuto sabato scorso a Le Kef, nel centro sud, dove la nostra organizzazione voleva tenere una riunione con i militanti locali. Sapevamo che gli islamici intendevano attaccarci, come poi è puntualmente avvenuto. Avevamo avvisato la questura, ma nessuno si è fatto vivo».

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