«Lettera in cassaforte, nessun segreto»

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SIENA — «Bankitalia è sempre stata informata di tutte le operazioni che riguardavano l’acquisizione di Antonveneta. Esiste all’interno di Monte dei Paschi l’unità  di Risk management che deve avere il controllo totale e anche in questo caso era a conoscenza di ogni passaggio». Chiuso nel carcere milanese di San Vittore Gianluca Baldassarri si difende e rilancia. L’ex capo dell’area Finanza di Mps fermato quattro giorni fa dagli investigatori del Nucleo Valutario guidati dal generale Giuseppe Bottillo, con l’accusa di ostacolo alla vigilanza per aver nascosto il contratto con Nomura sul “derivato” Alexandria, risponde per oltre tre ore alle domande del giudice che deve decidere sulla convalida del provvedimento. L’accusa cita cinque testimoni a carico e per dimostrare la sua intenzione di trasferirsi a Londra, dunque il pericolo di fuga, i pubblici ministeri Antonio Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso elencano anche i testi di sms e telefonate effettuate dopo il suo rientro dalle Maldive avvenuto l’11 febbraio scorso. «Elementi senza fondamento», ribadisce il suo legale Filippo Dinacci che ha sollecitato l’immediata remissione in libertà . 
La lettera d’intenti
L’udienza comincia alle 12. Baldassari — indagato pure per associazione a delinquere e truffa — risponde alle domande e cerca di smontare le contestazioni. Parte proprio dal contratto trovato nell’ottobre scorso nella cassaforte dell’ex direttore generale Antonio Vigni dai nuovi vertici di Mps che ne hanno poi denunciato l’esistenza alle autorità  di vigilanza. «Non c’è nulla di segreto — afferma l’indagato — perché si trattava di una semplice lettera di intenti e tale è rimasta sino a che io ho lavorato per Mps, dunque fino allo scorso marzo. Che cosa sia avvenuto dopo non dipende da me. In ogni caso non era un atto vincolante, anche perché per un’operazione simile erano necessari requisiti che invece non sussistevano». 
Il giudice chiede come mai si decise di occultare l’accordo se non era così importante. E Baldassarri risponde: «Esisteva un motivo di riservatezza legato alla trattativa in corso. Se si fosse saputo che stavamo negoziando quel tipo di operazione, il mercato sarebbe impazzito. Io posso comunque dimostrare che tutti i contratti dell’operazione Antonveneta sono stati regolarmente comunicati, ogni passaggio è stato condiviso con il Risk management e con l’Autorità  di vigilanza». 
I cinque testimoni
Sono cinque le persone interrogate nelle ultime settimane che secondo l’accusa avrebbero fornito elementi a carico di Baldassari. Oltre all’attuale amministratore delegato Fabrizio Viola, che ha trasmesso a Bankitalia il contratto con Nomura, nella richiesta di convalida del fermo è citato l’ex direttore Generale Antonio Vigni che ha cominciato a collaborare con gli inquirenti e ha indicato proprio in Baldassari «il regista dell’operazione». Una tesi condivisa da Raffaele Ricci, il manager che prima per Dresdner e poi per Nomura si occupò del “derivato” Alexandria e da un altro funzionario, Giovanni Conti.
Testimone prezioso è per i pubblici ministeri anche Gianni Contena, ex funzionario dell’area Finanza che con Baldassarri ha tuttora rapporti stretti. I due si sono scambiati nell’ultimo periodo numerosi sms, nella relazione dei magistrati è citato quello che ironicamente commenta la decisione di Giuseppe Mussari di lasciare la presidenza dell’Abi il 22 gennaio scorso: «Mussari dimesso ah ah ah». 
La casa a Londra
A Baldassari i magistrati contestano di aver sbloccato titoli per un milione di euro depositati presso la banca Profilo, appena rientrato dalle Maldive. L’operazione segnalata dallo stesso istituto di credito a Bankitalia è stata fermata e poi sono scattate le manette. «Ho effettuato la richiesta per telefono — si difende l’indagato — potevo farlo dall’estero senza problemi. È vero, voglio trasferirmi a Londra dove vive mia figlia. Ma io sono tornato in Italia perché volevo essere interrogato, non avrei mai pensato di essere arrestato».
Durante l’interrogatorio dell’11 febbraio scorso, il suo amico Alberto Cantarini — che già  vive nella City — ha raccontato di aver appreso da Baldassari l’intenzione di trasferirsi nel Regno Unito, «infatti mi incaricò anche di trovare una donna delle pulizie». Sulla segreteria del suo telefono è rimasta incisa una chiamata effettuata da Baldassarri alle 4,24 di quella notte. «Un semplice errore», secondo il difensore Dinacci. «Un segnale convenuto», secondo l’accusa che per questo cita anche alcuni sms scambiati tra i due prima della convocazione di Cantarini in Procura e che vengono letti come un tentativo di pressione. «????», scrive Baldassarri. «!!!», risponde l’amico. 
Alle 14 l’udienza finisce. «C’è qualcuno che può accudirla a casa?» chiede il giudice prima di riservarsi la decisione sulla permanenza in cella. Il verdetto potrebbe arrivare già  questa mattina.
Fiorenza Sarzanini


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