by Sergio Segio | 9 Febbraio 2013 9:52
Tre righe appena che mettono fine (almeno per il momento) ad un caso scoppiato due settimane fa. Il contributo di licenziamento è stato introdotto dal primo gennaio di quest’anno per finanziare l’Aspi, l’assicurazione sociale per l’impiego che prende il posto dell’indennità di disoccupazione. La somma, che può arrivare fino a 1.451 euro e 40 centesimi a seconda dell’anzianità di servizio, va versata dal datore di lavoro direttamente all’Inps.
Un meccanismo pensato per finanziare i nuovi ammortizzatori sociali del settore privato, imprese e studi professionali. Ma con una formulazione non proprio chiarissima. Due settimane fa è Assindatcolf, associazioni dei datori di lavoro dei collaboratori domestici, a sollevare la questione: il contributo, dicono, deve essere pagato anche dalle famiglie che mandano via un collaboratore domestico. Anche l’Inps conferma questa interpretazione. Servirebbe un decreto legge per correggere al volo la riforma del lavoro ma a camere sciolte non si può. Con il passare dei giorni il caso monta con le proteste dei sindacati contro quella che sarebbe di fatto una nuova tassa a carico delle famiglie e potrebbe funzionare da incentivo al lavoro nero in un settore già a forte rischio. Il tema comincia a fare capolino anche nella campagna elettorale.
È il direttore generale dell’Inps Mauro Nori a chiedere un chiarimento all’ufficio legislativo del ministero del Welfare. Prima arriva l’annuncio da parte del ministro Elsa Fornero, poi la risposta formale dell’ufficio legislativo del Welfare, accompagnato dall’ok di quello dell’Economia. Infine la circolare dell’Inps. In realtà il documento dell’Istituto di previdenza rivede, come ad ogni inizio anno, l’importo dei contribuiti da pagare per i lavoratori domestici. L’adeguamento all’inflazione, in sostanza. Ma è proprio questa l’occasione per mettere nero su bianco che il contribuito di licenziamento non è dovuto. «Siamo soddisfatti che sia stata fatta chiarezza sulla vicenda» dice Teresa Benvenuto, segretario di Assindatcolf, insieme a Renzo Gardella, presidente di Fidalbo, altra associazione dei datori di lavoro dei collaboratori domestici. Resta da vedere se dopo le elezioni sarà necessario correggere anche la legge.
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