Libano, sull’orlo di un vulcano

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Libano, e pensi ad una società  plurale capace di integrare le differenze ma pure di reggersi su un equilibrio precario, garantito da una complessa architettura sociale ed istituzionale sempre appesa al filo degli opposti estremismi. Così fa scalpore la vicenda di due sposi, ambedue credenti mussulmani ma di diverse confessioni, che hanno voluto farsi cancellare dalla carta d’identità  l’appartenenza religiosa per celebrare il primo matrimonio laico nel paese dei cedri. Un’azione che ricorda per certi versi la battaglia di Alexander Langer che, in Alto Adige, aveva rifiutato di sottoscrivere la dichiarazione etnica (obbligatoria per i residenti che si devono registrare come membri del gruppo linguistico ladino, tedesco o italiano) ed era stato così estromesso dalla candidatura a sindaco di Bolzano.

 Il Paese dunque ricorda da vicino pure l’Italia divisa forse non per coordinate religiose ma dilaniata ugualmente dai contrapposti gruppi di interesse e di pressione, e che deve fare i conti con l’instabilità  politica e l’incertezza economica.

 In Libano però ogni dibattito è echeggiato dal sinistro clangore delle armi, da minacce di ogni tipo e dall’esplosione di qualche bomba vuoi per un attentato, per un razzo del “Partito di Dio”, vuoi per un “attacco preventivo” israeliano.

 La Siria sta contagiando anche il Paese vicino da sempre considerato dagli Assad non solo come il loro confinante inquieto o come la loro propaggine geopolitica ma pure come una sorta di camera di compensazione delle turbolenze interne. Per non parlare dell’influenza iraniana sul regime e sugli sciiti di Hezbollah. E si registrano già  scontri di confine.

 Scrive l’analista Marco Di Donato: “Se le forze politiche libanesi non riusciranno ad accordarsi su un testo comune in tempo utile, le legislative di giugno rischiano di essere posticipate. In un momento di tensioni regionali così forti, principalmente a causa della Siria, il Libano non può permettersi di ristagnare in un perdurante clima di incertezza politica: il dibattito sulla possibilità  di celebrare o meno il rito civile in Libano non fa che rendere ancora più instabile il già  fragile equilibrio interno. Inoltre dal punto di vista economico il paese sta affrontando una situazione difficile, con l’inflazione al 10% e la bilancia dei pagamenti che nel 2011/2012 ha fatto registrare un deficit di quattro miliardi di dollari.

 Secondo Mounir Rached, consulente per il ministero delle Finanze libanese, nonostante il paese sia in recessione nessuna misura efficace è stata adottata per fronteggiare la situazione. A questo difficile scenario economico si aggiungono le violenze tra miliziani sunniti ed alawiti a Tripoli e più in generale una sensazione di insicurezza, a partire dalle zone di frontiera con la Siria. In un contesto del genere quella del matrimonio civile può essere una battaglia nella quale impegnarsi per combattere in realtà  una guerra molto più vasta. I partiti più piccoli e con un seguito meno ampio cercano dunque di trovare nuovi voti in vista delle elezioni sponsorizzando il riconoscimento legale del matrimonio. Altri partiti più forti (si veda Hezbollah) preferiscono invece mantenere per ora una posizione silente, consapevoli dell’ambiguità  della questione ed evitando di essere trascinati in un confronto che potrebbe sfavorirli. Del resto il futuro del Libano si giocherà  in relazione ad altre tematiche legate alla sicurezza, alla ripresa economica, ma soprattutto alla gestione della crisi siriana”.

 In realtà  è notizia di alcuni giorni fa il varo in commissione di una legge elettorale definita “confessionale” cioè tendente a riportare nel Parlamento la struttura etnica e religiosa del Libano, e di andare nella direzione opposta di quella auspicata dal matrimonio “laico” da cui siamo partiti. Il problema del rapporto tra religione e democrazia emerge con tutta la sua forza, ma purtroppo il Libano rischia di non avere tempo per risolverlo: nubi minacciose si intravedono all’orizzonte tra le minacce di Nasrallah (il capo di Hezbollah) e la bomba ad orologeria scagliata dalla vicina Siria e che sta per esplodere.

 

Piergiorgio Cattani


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