L’EURO DEBOLE SALVA ITALIA

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È il livello “equo” o di equilibrio, che consentirebbe a ognuno degli Stati membri di ritrovare competitività .
L’Italia ha bisogno di un euro a quota 1,19 per recuperare le quote di mercato perdute, quindi rilanciare gli investimenti e l’occupazione. Siamo ben lontani dalla forza attuale dell’euro, che venerdì ha chiuso a quota 1,336 sul dollaro. Spagna e Portogallo sono in una situazione simile alla nostra: con un euro a questi livelli, le loro esportazioni non sono competitive. È in serie difficoltà  anche la seconda economia europea, quella francese. Il made in France torna ad essere competitivo solo se la moneta unica scende a 1,26 sul dollaro. Questo spiega la recente “provocazione” di Franà§ois Hollande: ha proposto che l’eurozona si dia “una politica del cambio”. Frase inaccettabile per l’ortodossia monetaria tedesca. Nel trattato di Maastricht non è previsto che i governi manipolino il valore esterno dell’euro. Il culto germanico della moneta forte ha una logica stringente. Basta tornare a quello studio della MorganStanley.L’industriatedescaè competitiva anche con un euro a quota 1,53 sul dollaro. Ai livelli attuali, non esiste un problema di “cambio sopravvalutato” per il made in Germany, anzi.
Come si spiega questo divario insostenibile tra paesi appartenenti alla stessa unione monetaria? La chiave la offre il rapporto consegnato a Hollande da un gruppo di studio presieduto da Louis Gallois, ex presidente del colosso aerospaziale Eads (Airbus). In quello studio c’è la geografia della divaricazione competitiva, la
forza centrifuga che sottopone il continente a tensioni insostenibili. L’industria tedesca investe da decenni per posizionarsi sul segmento più alto di tutti i mercati nei quali è presente: è la posizione ideale perché le sue esportazioni siano “insensibili al prezzo” (la loro qualità  e affidabilità , l’incorporazione di tecnologie avanzate, rende il costo secondario per l’acquirente). La Francia, nell’indagine di Gallois per l’Eliseo, è riuscita a fare un’operazione simile solo in pochi settori – lusso, aeronautica, nucleare, farmaceutico, alcune filiere enogastronomiche – ma in tutti gli altri è sospinta verso il basso: costretta cioè a misurarsi con la concorrenza basata sul prezzo, dove i produttori emergenti avanzano implacabilmente. L’Italia è una fotocopia sbiadita del caso francese: non ha neppure gli stessi “campioni nazionali” in alcuni settori dove i transalpini sono forti.
Perfino un’economia molto più grande e forte come quella americana, ha perseguito in maniera spregiudicata la svalutazione competitiva. La politica del dollaro debole ha dei vantaggi evidenti nell’ultimo dato del commercio estero: il deficit degli Usa è precipitato del 21% in un mese grazie al boom delle esportazioni. Mario Draghi ha cominciato ad ammettere apertamente, giovedì, che l’euro forte può essere un problema. Di fatto il cambio sopravvalutato “disfa” tutto il lavoro dei governi, ha spiegato Nouriel Roubini a Davos. L’austerity equivale auna“svalutazioneinterna”.Deprime i salari per recuperare competitività . Ma il sacrificio è azzerato dalla “sopravvalutazione esterna”, una moneta fatta su misura per gli interessi tedeschi.


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