«Dal voto vogliamo risposte»
ROMA. La Fiom non sta ferma ai box in attesa delle politiche, ma anzi cavalca l’«onda» della campagna elettorale, giunta ormai all’apice. Il segretario Maurizio Landini ieri è stato chiaro, parlando davanti alla platea di 200 delegati dei grandi gruppi industriali, provenienti da tutta Italia: è già in serbo per aprile – ha annunciato – «una mobilitazione nazionale per chiedere al nuovo governo di fare le cose che devono essere fatte per il lavoro e per uscire dalla crisi». Liniziativa, ha poi aggiunto, avrà come cardini i tre punti su cui i metalmeccanici Cgil insistono ormai da tempo: il contratto nazionale, una nuova politica industriale e la legge sulla rappresentanza.
Insomma, la Fiom si aspetta risposte precise, e soprattutto si augura – ha spiegato lo stesso segretario generale – che le stagioni di Berlusconi e Monti si siano chiuse definitivamente, perché se ne apra una nuova: fatta non di tagli, ma di investimenti, posti di lavoro, rispetto dei diritti sindacali. Ma anche, ad esempio, rimettere mano a quelle leggi – eredità degli ultimi due governi – che hanno destrutturato completamente il lavoro. Dovrà essere annullato l’articolo 8 voluto da Maurizio Sacconi, che traduce in legge l’accordo Fiat, permettendo agli accordi territoriali e aziendali di derogare rispetto ai contratti nazionali e alle leggi. E si dovrà tornare sulla riforma di Elsa Fornero, che ha manomesso l’articolo 18 e reso più facili le ingiustizie.
Rispetto a una possibile alleanza tra il Pd e Monti dopo le elezioni, Landini ha detto che «è un problema del Pd e di Monti». «Mi interessa cosa farà il governo e che politiche metterà in campo – ha aggiunto – La Fiom non ha dato indicazioni di voto ai suoi iscritti: sono persone intelligenti, che hanno una testa e la sanno usare. Il nostro mestiere è fare il sindacato».
«Abbiamo chiesto alle forze politiche che si candidano cosa intendono fare su punti che riteniamo decisivi – ha proseguito il numero uno della Fiom – fare una legge sulla rappresentanza che dia diritto di votare ai lavoratori, cancellare l’articolo 8 voluto dalla Fiat, incentivare la riduzione degli orari di lavoro e l’uso dei contratti di solidarietà . E vogliamo che si riprenda un piano straordinario di investimenti pubblici e privati per difendere e rilanciare l’economia, anche con l’intervento diretto dello Stato». «Ci auguriamo che questo voto determini le condizioni per un cambiamento vero, perché sia il giudizio sul governo Berlusconi che su quello Monti è molto negativo – ha concluso l’analisi, Landini – Uscire dalla crisi vuol dire governare in modo alternativo rispetto a quanto fatto da Berlusconi e Monti».
Quanto allo scandalo Finmeccanica – significativa la delegazione presente all’Assemblea dei delegati, ieri – secondo il segretario dei metalmeccanici Cgil «serve un piano industriale vero, che finora non c’è stato». «È necessario bloccare le idee di vendere o cedere – ha aggiunto Landini – e che il nuovo gruppo dirigente di Finmeccanica sia messo nelle condizioni di fare una discussione seria con governo e sindacati. Finmeccanica è un patrimonio di questo paese: va difesa la sua integrità e vanno fatte delle scelte non solo sul piano militare, ma anche civile. Scelte di politica industriale che siano in grado di valorizzare le competenze».
Sul fronte Fiat, la Fiom chiede «una verifica della legittimità della richiesta di cassa integrazione straordinaria di 13 mesi per riorganizzazione aziendale» avanzata dalla Fiat a Pomigliano. La Fiom, con il responsabile del settore auto Francesco Percuoco, ieri era impegnata in Regione Campania in un incontro con i vertici aziendali, in sede separata rispetto a Fim e Uilm. «I criteri adottati dal Lingotto per la riorganizzazione e la cig – ha detto Percuoco – sono assolutamente arbitrari. Tendono a riconfermare un’azione discriminatoria e ad aggirare le sentenze del tribunale di Roma che prevedono l’assunzione di 19 più 126 lavoratori della Fiom nella newco. In particolare l’area C dello stabilimento, dove sono collocati oltre 1800 operai, sarà interessata dal maggior ricorso alla cassa, senza che siano garantiti effettivi criteri di rotazione».
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