by Sergio Segio | 5 Febbraio 2013 7:49
SIENA — Il vicedirettore del Monte dei Paschi avvisò i suoi superiori sugli altissimi rischi dell’operazione Antonveneta. Ma non fu ascoltato. Sono i documenti allegati all’inchiesta dei magistrati di Siena a svelare che cosa accadde dopo la scelta di acquistare l’istituto di credito dagli spagnoli del Santander per 9 miliardi e 300 milioni di euro, oltre a un miliardo di oneri. Mail e verbali di interrogatorio contenuti nell’informativa della Guardia di Finanza depositata a disposizione delle parti dopo le perquisizioni ordinate nel maggio scorso. La relazione ricostruisce nei dettagli le comunicazioni interne e svela un nuovo particolare: esisteva una clausola specifica — imposta dal presidente di Santander Emilio Botin — che escludeva la possibilità di effettuare due diligence, cioè le verifiche approfondite sulla situazione della banca. E fu accettata senza alcun problema, nonostante ci fossero diversi segnali di allarme. Tutto questo sarà contestato all’ex presidente Giuseppe Mussari e all’ex direttore generale Antonio Vigni. Il primo ha annunciato che parlerà , ma ieri ha chiesto di rinviare l’interrogatorio. Il secondo è atteso dai pubblici ministeri Antonino Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso domani mattina. Intanto il Csm ha aperto una pratica sulla sovrapposizione delle inchieste.
«Ci sono gravi criticità »
È il 15 novembre 2007, la trattativa tra Mps e Santander è entrata nella fase cruciale dopo l’annuncio avvenuto la settimana precedente sull’acquisto. Il vicedirettore generale Giuseppe Menzi invia una mail a Vigni «con la quale illustra la criticità dell’operazione». In svariati punti mette in guardia dai rischi. «Antonveneta — scrive il manager — è divisionalizzata male, la governance è concentrata su Amsterdam, bisogna riconsiderare gli accantonamenti del 2007, i crediti danno una crescita zero». Non è finita: Menzi entra ulteriormente nel dettaglio della situazione della banca ed evidenzia come «le criticità devono essere curate con terapia d’urto anche per non incidere troppo sul 2008» sottolineando la necessità di «inserire figure di Mps che possano poi fornire garanzie». Evidentemente non basta. Nelle settimane successive i vertici di Mps mettono in atto tutte le operazioni finanziarie necessarie a coprire la somma richiesta dagli spagnoli. Compreso l’ormai famoso Fresh con Jp Morgan per un miliardo di euro che fu presentato come un aumento di capitale e invece si è rivelato un vero e proprio prestito che lasciava a Mps il rischio di impresa, nonostante questa circostanza sia stata negata — almeno ufficialmente — alle autorità di vigilanza.
Niente «due diligence»
L’assenza di una verifica sulla tenuta di Antonveneta è uno dei misteri che l’inchiesta dovrà svelare. Il primo a parlarne è Alessandro Daffina, il banchiere della Rothschild incaricato da Santander di cercare un compratore e poi di seguire le fasi del negoziato. Viene interrogato dagli investigatori del Valutario il 9 marzo scorso e rivela: «Fu Botin a pretendere l’assenza di due diligence finalizzata all’aggiustamento e compenso pattuito. Mussari chiese a Botin in tutte le fasi preliminari all’accordo di poterla effettuare senza, tuttavia, mai riuscire a ottenerla. Se avesse considerato tale aspetto come necessario per la conclusione dell’accordo, Botin avrebbe ceduto Antonveneta ai francesi di Bnp Paribas i quali avevano accettato di acquistare senza due diligence». Perché il banchiere spagnolo non voleva ulteriori accertamenti? I magistrati stanno cercando di verificarlo, ma le indagini affidate agli specialisti della Finanza guidati dal generale Giuseppe Bottillo mirano soprattutto a scoprire come mai i vertici di Mps accettarono quella condizione senza pretendere garanzie ulteriori. Il sospetto rimane quello sull’esistenza di un accordo segreto tra venditore e compratore per dividersi la «plusvalenza» che aveva convinto le parti sulla necessità di evitare problemi e in particolare una valutazione esterna che avrebbe potuto far saltare la trattativa.
L’interrogatorio rinviato
Tocca a Mussari chiarire questi aspetti del negoziato e poi svelare perché si decise di comprare. Avrebbe dovuto farlo ieri, ma ha chiesto di poter rinviare l’interrogatorio per l’assenza di un legale. Secondo alcune indiscrezioni l’ex presidente — indagato per associazione per delinquere, aggiotaggio, false comunicazioni alle autorità di vigilanza, turbativa e truffa — è invece in attesa di un documento da presentare a sua difesa. Si tratterebbe di una «Farness opinion» richiesta a Mediobanca per attestare la regolarità dell’operazione Antonveneta. Domani arriverà invece a Siena l’ex dg Vigni, accusato degli stessi reati e sottoposto a perquisizione nel maggio scorso. La sua convocazione rappresenta un altro passaggio chiave, l’ennesimo, di un’inchiesta che promette di riservare nuova e clamorose sorprese.
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