«Bambini uccisi dalle Forze Usa»

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Proprio mentre il Congresso lo metteva sulla graticola per l’utilizzo dei droni e per le «tecniche» in uso dalla Cia, John Brennan – il consigliere di Obama in tema di antiterrorismo e l’aspirante alla poltrona più importante di Langley – si è visto arrivare addosso l’ennesima tegola che mette sotto accusa la strategia militare americana in Afghanistan e i suoi effetti sulle vittime civili. Tornano sotto i riflettori i bombardamenti e soprattutto i loro «danni collaterali»: che in molti casi riguardano bambini.
La tegola che fa diretto riferimento a un argomento così sensibile, è un rapporto dell’Onu che lancia l’allarme su centinaia di bambini che sarebbero stati uccisi in Afghanistan negli ultimi cinque anni. Morti dovute «alla mancanza di misure precauzionali e a un uso indiscriminato della forza» e che sono l’effetto di «attacchi e raid aerei delle forze armate americane» nel Paese asiatico nel periodo oggetto di studio da parte del Committee on the Rights of the Child, un comitato per la difesa dei diritti dei bambini (Crc) che è stato istituito dall’Ufficio dell’Alto commissario per i diritti umani, la signora Navi Pillay, una delle figure più risolute e assertive della grande famiglia Onu. Il rapporto del Comitato argomenta una «grave preoccupazione derivata del fatto che tra il 2010 e il 2011 il numero di incidenti che hanno coinvolto bambini è raddoppiato». Così almeno sostiene chi ha potuto leggere le carte (ieri l’Associated Press ma già  il 5 febbraio – quando il rapporto sarebbe stato reso noto al governo americano – la stessa Human Rights Watch) perché il dossier non è di dominio pubblico. Sul sito dell’Unhcr (l’uffico di Pillay) il rapporto non c’è anche se non sono soltanto i guardiani del rispetto dei diritti umani a citarlo. E se Victoria Nuland, la portavoce del dipartimento di Strato, ha detto di non averlo ancora letto, il quartier generale delle forze statunitensi in Afghanistan (Usfor-A) ha definito ieri a Kabul «categoricamente infondate, prive di sostanza e totalmente false» le informazioni contenute nelle raccomandazioni fatte a Washington dal rapporto targato Crc.
Secondo Hrw il governo degli Stati Uniti dovrebbe immediatamente rendere effettive le raccomandazioni del Comitato di esperti dell’Onu per migliorare la protezione dei bambini coinvolti all’estero in un conflitto armato, un aspetto che non riguarda solo l’Afghanistan. Il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, che ha reso note le sue raccomandazioni martedi scorso – dice Hrw – non si è espresso però solo rispetto al problema delle «centinaia» di bambini uccisi ma nell’aggravarsi di una situazione (l’ultimo lavoro del comitato sull’Afghanistan è del 2008) che solleva «profonda preoccupazione» anche per l’arresto e la detenzione di bambini in Afghanistan. Un elemento che fa riferimento a un lavoro a firma congiunta dell’ufficio della Pillay e di Unama, la missine Onu a Kabul, uscito nel gennaio scorso ( Treatment of Conflict-Related Detainees in Afghan Custody. One Year On) in cui si dà  conto di decine di casi di interrogatori, detenzioni illegali e maltrattamenti di minorenni.
Quanto all’unica reazione ufficiale al momento, i militari americani sostengono a loro difesa che l’Isaf – sotto comando Nato e con gli Stati uniti in maggioranza -, hanno «ridotto nel 2012 del 49% le vittime civili rispetto all’anno precedente». In particolare, si dice ancora, «il numero di bambini che sono morti o sono rimasti feriti come risultato delle nostre operazioni aeree è sceso del 40% lo scorso anno rispetto al 2011» perché «nel rapporto sulle vittime civili pubblicato in agosto 2012 da Unama si sostiene che l’84% di tutti i civili uccisi o feriti nel Paese sono caduti per mano degli insorti». Sia l’Isaf sia l’Usfor-A, si dice ancora, «utilizzano specifici sistemi di valutazione e controllo tecnico, tattico e procedurale» per ridurre il rischio di vittime civili e «si preoccupano di impiegare la forza solo quando necessario, ed in un modo adeguato».


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