«Autogrill, non licenziare»

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Balza agli occhi che mentre l’azienda dichiara in esubero 79 full time e 61 part time dall’altra parte si dichiara disponibile a ricollocare 92 persone. Se uno la legge così non sembra chissà  quale disastro. Magari ci sono lavoratori vicini alla pensione, o temporanee possibili soluzioni con ammortizzatori sociali, o eventuali uscite con incentivi. Ma non è così.
Autogrill si dice disposta, anzi la pone come condizione «obbligatoria» per evitare il licenziamento, ad accettare dal singolo lavoratore il passaggio da tempo pieno(40 ore) a part time di 20 ore settimanali, e il trasferimento in locali «limitrofi» disposti ad accogliere questi esuberi. Ora, chi lavora in azienda sa benissimo cosa significa «limitrofo» in autostrada, ma anche chi viaggia può vedere come sono collocati i locali. Se si guarda la mappa dei ristoranti con esubero e i locali limitrofi disposti ad accoglierli, si vede che sono distanti, quando va bene, 40-50-60-70 chilometri. Da moltiplicare per due, andata e ritorno. Essendo raggiungibili solo con il proprio mezzo e tenendo conto che un part time di 20 ore guadagna 500 euro al mese, ciò equivale a dire che si va a lavorare solamente per pagarsi carburante e consumo macchina. Una beffa, un calcio alla dignità  di questi lavoratori, un modo per dire: «fuori dai piedi».
Autogrill non è in crisi, è una società  con oltre 9 mila dipendenti in Italia e 62 mila nel mondo, quotata in borsa, che ha fatto utili per anni, e continua a farli. Un’azienda che la famiglia Benetton ha acquistato dallo Stato quando era già  sana e in espansione, che lavora in concessione sulle autostrade: e ricordiamo che anche Autostrade Spa è controllata dai Benetton, e che le concessioni durano decine di anni. Autogrill vanta poi la certificazione di qualità  SA8000, un codice etico, di responsabilità  sociale, che però evidentemente rivela più intenti da propaganda pubblicitaria perché troppe volte eluso nei fatti.
Dietro la storia di questi 140 lavoratori ci sono anni di precariato, di impegno professionale, di speranze, di mutui, di fatiche per arrivare a fine mese. Eppure qualcuno con una calcolatrice in mano ritiene che questo 1% di licenziamenti sull’intero organico di Autogrill Italia, sia la panacea dei problemi. Senza tener conto delle centinaia di rapporti a termine che non hanno visto rinnovato il contratto in questi anni e che sono serviti solo come cifre da sbandierare per farsi pubblicità .
Si vede in questi momenti la responsabilità  sociale dell’impresa, quando le cose non vanno bene dopo anni di lauti guadagni. Invece si procede a licenziare 140 lavoratori il cui costo annuale (circa 3 milioni di euro) è pari a meno dello 0,1% del fatturato di Autogrill Spa (5 miliardi). I lavoratori non sono una merce, così come le parole pronunciate, gli intenti e le frasi scritte che finiscono troppo spesso con il dire tutto e il contrario di tutto. Di certo si citeranno i «motivi economici», anche se risibili, per giustificare questi licenziamenti, e qui dobbiamo dire grazie a chi ha facilitato questa modalità  nella recente riforma del lavoro. La ministra del lavoro Fornero, rispondendo a chi aveva prospettato e criticato tale possibile forma di licenziamento di cui le aziende avrebbero approfittato, ha detto: «Vigileremo perché ciò non avvenga». La attendiamo a vigilare.
*Rsu Filcams Cgil Autogrill Stura Ovest


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