L’assalto al cielo del «matto» Antonelli

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Fu un grande architetto? Vittorio Gregotti, novarese come lui, dice di sì e io non mi permetto di dubitarne. Qualcuno però ne dubitava già  nell’Ottocento, come raccontò lo scrittore e architetto Camillo Boito. In una riunione conviviale tenutasi a Firenze nel 1863, a cui partecipava anche Antonelli, ci fu chi chiese con voce allegra: «Chi è quel matto, che sta facendo la cupola di San Gaudenzio in Novara?» Apriti cielo. L’interessato si alzò in piedi ieratico e sprezzante; e nel silenzio che si era creato fece cadere dall’alto la sua risposta: «Quel matto sono io». Si sa che Antonelli era massone; e si dubita, secondo me a ragione, che abbia innalzato le sue cupole-guglie non tanto a un santo cristiano legato ai fatti della terra e dell’agricoltura come San Gaudenzio, e nemmeno al Dio degli Ebrei (la Mole di Torino in origine doveva essere una sinagoga), ma al suo più grande collega Architetto dell’Universo. Ai suoi funerali, nel 1888 a Torino, pare fosse presente un suo ammiratore tedesco, in Italia per problemi di salute: Friedrich Nietzsche.


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