Landini apre al confronto con Fiat

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MILANO — C’è chi l’ha interpretata come una prova di disgelo nei rapporti con il Lingotto. E chi (i più) come un tentativo di uscire dall’angolo e riconquistare le posizioni perdute. La dichiarazione del segretario dei metalmeccanici della Cgil Maurizio Landini, «se la Fiat vuole cambiare i rapporti siamo disponibili al confronto», lanciata ieri a Torino in occasione di un’iniziativa del quotidiano Repubblica, ha riacceso l’interesse (e le polemiche mai sopite) sui rapporti tra la Fiom e l’amministratore delegato del gruppo Fiat Sergio Marchionne. Anche perché Landini pone delle condizioni che sembrano difficilmente accettabili dall’amministratore delegato e dagli altri sindacati (e senza peraltro fare il benché minimo accenno al contratto).
«Chiedo a Marchionne – ha affermato Landini – che sia possibile aprire un confronto adesso, anche coinvolgendo il nuovo governo, senza aspettare l’esito di investimenti per i quali servono due-tre anni. Che si continuino a produrre auto in Italia è interesse di tutti. Marchionne può anche pensare di ridurre la presenza in Italia e spostare la testa negli Usa, ma il sindacato, i lavoratori e il Paese non se lo possono permettere».
Subito a seguire, però, dopo la «dichiarazione» di apertura al dialogo, Landini lanciava una nuova frecciata sempre nella stessa direzione, sollecitando una «commissione d’inchiesta governativa sulle condizioni interne negli stabilimenti della Fiat».
Dalla Fim, che rappresenta i metalmeccanici della Cisl, è nel frattempo partita un’altra bordata di accuse contro il sindacato di Landini, definendo il suo comportamento «incompatibile con le relazioni sindacali della categoria». Per il segretario Fim Giuseppe Farina, «la Fiom è sempre più lontana dalla rappresentanza degli interessi dei lavoratori. Lo hanno confermato gli applausi al management e la convinta e serena partecipazione dei lavoratori della Fiat, compresi quelli iscritti alla Fiom, alla cerimonia per l’avvio delle nuove produzioni negli stabilimenti di Melfi e Grugliasco, che sono stati un vero e proprio schiaffo al gruppo dirigente nazionale della Fiom e bocciano, senza appello, ancor più delle sentenze sfavorevoli e dei tribunali, le scelte e i comportamenti della Fiom in Fiat».
Secondo Michele De Palma, coordinatore nazionale Fiom del settore auto «il punto è che, a tre anni dall’annuncio di Fabbrica Italia, l’obiettivo di 1 milione e 300mila auto è stato disatteso. Oggi siamo a 400mila. L’unica cosa prodotta da Marchionne è la discriminazione». Questa mattina, sempre sul palco del teatro Carignano, sarà  la volta di Marchionne. Che cosa gli chiederebbe? «Ai tavoli sono loro che non riconoscono la Fiom. E in una fabbrica i processi non si governano con l’unilateralismo, ma con la negoziazione. Abbiamo a cuore la produzione. Due requisiti chiediamo: che venga rispettata la democrazia e la rappresentanza; che venga riaperta la discussione e il confronto su piano industriale e dell’occupazione».
Gabriele Dossena


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