by Sergio Segio | 15 Febbraio 2013 7:44
MILANO — Slancio politico: «La volontà fa diventare re anche senza corona» (dichiarazione scolpita durante il dibattito prima delle — mai avvenute — primarie del Pdl, quando intendeva presentarsi come «nuovo Berlusconi»). Autopresentazione come spaccatutto nel mondo economico: farò «vedere che anche un giovane può competere con i dinosauri della finanza» (iperbolica frase usata per proporsi come presidente di Unicredit).
Meno di due mesi dopo quelle autopromozioni, Alessandro Proto, l’uomo che sbandierava al mondo di aver scalato la Tod’s e la Rcs, finisce nel carcere di San Vittore accompagnato da due ufficiali della Guardia di Finanza di Milano. L’accusa: aver manipolato il mercato azionario. L’«arma» del reato: una sfilza di comunicati diramati con frequenza tambureggiante fra siti, agenzie di stampa e giornali economici in cui annunciava fantomatiche acquisizioni in Borsa. Il titolo dell’intervista rilasciata a un importante quotidiano a fine 2011 recita: «Da Brad Pitt a DiCaprio, trovo casa in Italia ai vip». Il suo regno invece, come hanno scoperto gli investigatori delle Fiamme gialle, era un altro. Un ufficio nel centro di Milano nel quale, grazie alla reputazione di finanziere che s’è costruito in un paio d’anni, fino a pochi giorni fa i suoi dipendenti hanno «allettato ingenui imprenditori con proposte di finanziamento». Incassando caparre tra i 5 e i 7 mila euro.
Finisce così in carcere per aggiotaggio e ostacolo agli organi di vigilanza il broker della finanza che, gratta gratta, alla fine faceva poco più che i «pacchi alla napoletana». L’ordinanza d’arresto firmata dal gip Stefania Donadeo su richiesta del pm Isidoro Palma ripercorre nei dettagli la più strabiliante opera di illusionismo mediatico degli ultimi anni. Tra dicembre 2010 e la fine del 2012, il 38enne milanese con residenza in Canton Ticino inonda gli organi di informazione di comunicati in cui annuncia che il «Gruppo Proto» acquista quote di Rcs, Fiat, L’Espresso, Unicredit, Generali, Monte dei Paschi, Unicredit. L’operazione parte il 19 dicembre 2010 quando Mediobanca sta collocando il 10 per cento delle azioni Tod’s e 12 fantomatici investitori privati «riuniti da Alessandro Proto Consulting» ne acquistano il 2,88 per cento. Il broker offre come prova a un giornalista anche una lettera di piazzetta Cuccia. Poco dopo (4 febbraio 2011) Mediobanca smentisce l’operazione e presenta la prima denuncia alla Procura di Milano. La vicenda finisce ovviamente sul tavolo della Consob, che inizia a chiedere spiegazioni e per due volte convoca Proto. Lui omette, nicchia e propone strampalate difese appellandosi a una singolare interpretazione di segreto professionale.
L’operazione Rcs è ancor più mirabolante e parte nella primavera del 2012. In ottobre presenta addirittura un patto di sindacato tra investitori che sarebbero arrivati al 2,8 per cento della proprietà e qualche giorno dopo rilancia con un colpo di teatro: «Abbiamo inviato alla famiglia Benetton… la nostra proposta di acquisto per l’intero pacchetto detenuto dalla stessa in Rcs». Niente più che teatro, secondo la ricostruzione dell’accusa. Gli investigatori della Finanza dimostrano però che le notizie (false) divulgate da Proto hanno influenzato l’andamento dei titoli (e per questo si configura il reato di alterazione del corretto andamento del mercato azionario).
Poi iniziano le intercettazioni. E giorno dopo giorno, dalle telefonate di Proto e dei suoi dipendenti, si profila — scrive il gip — «l’immagine di un abile truffatore». Non c’è una singola conversazione in cui l’autoproclamato broker si occupa di trading su piazza Affari. Quando il dicembre scorso Proto si dichiara pronto a «un’iniezione di liquidità » da 700 milioni in Rcs, non c’è uno straccio di conversazione con chi quei soldi dovrebbe tirarli fuori. Da quel momento in poi i pezzi crollano uno dopo l’altro: la casa madre del gruppo a Londra non viene mai contattata; l’università Bocconi smentisce che Proto sia stato iscritto o che tanto meno si sia laureato nell’ateneo; le autorità svizzere assicurano che non è iscritto nell’albo dei promotori finanziari, al contrario però è indagato per truffa ed è carico di debiti. Lo yuppy che voleva essere il nuovo Berlusconi non ha fatto in tempo neppure a diventare un Madoff.
Andrea Galli
Gianni Santucci
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