La sinistra litiga e insegue il popolo della Val di Susa
A sinistra del Pd, a ben vedere anche all’interno del Pd, quello del movimento che si batte contro il treno ad alta velocità Torino-Lione è diventato un marchio del quale è difficile non tenere conto. La bandiera bianca con scritta rossa è coreografia quasi obbligatoria di qualunque corteo, e l’intransigenza della lotta esercita un indubbio richiamo verso l’elettorato più radicale, almeno questa è la speranza di chi sta inseguendo un’area di consenso che non è solo circoscritta a Bussoleno e dintorni.
Così, tra i dettagli non trascurabili di questa campagna elettorale figura anche una discreta competizione a sinistra per un voto No Tav che ha aperto le liste a molti candidati valsusini, generando un eccesso di offerta politica non privo di alcune contraddizioni, nel centrosinistra e oltre. Sinistra ecologia libertà , alleato del Pd, candida alla Camera l’indigena Carla Mattioli, che è stata per cinque anni sindaco Pd di Avigliana prima di essere espulsa dal partito per il suo attivismo No Tav.
In Piemonte il capolista di Sel è Giorgio Airaudo, ex numero due della Fiom, personaggio che va oltre la dimensione locale, ma pur sempre primo ispiratore del tentativo di portare il movimento No Tav fuori dal confine angusto della valle e dentro le piazze di tutta Italia, con il sindacato dei metalmeccanici a fare da cinghia di trasmissione. La rappresentazione di un movimento spesso controverso e criticato per le sue pratiche di resistenza attiva, talvolta molto attiva, non è faccenda semplice. Ne sa qualcosa la Rivoluzione civile di Antonio Ingroia, che ha messo in prima fila per il Senato il valsusino Nilo Durbiano, sindaco di quella Venaus che nel 2005 divenne il simbolo della lotta No Tav. Ma la cernita non è stata indolore. Il segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero non è riuscito a imporre la candidatura di Nicoletta Dosio da Bussoleno, militante molto conosciuta e altrettanto popolare in valle, mentre l’Idv ha protestato per l’eccesso di spazio consegnato al movimento.
La questione No Tav è materiale da maneggiare con cura, a certificarlo ci sono anni di lacerazioni e dissidi feroci sinistra. Anche ieri all’interno della lista di Ingroia la decisione del governo di costituirsi parte civile nel processo contro 53 militanti ha suscitato commenti leggermente in antitesi tra loro. Applausi dal capogruppo regionale dei dipietristi, «giusto che paghino i facinorosi». Appena più tiepido Ferrero, «un favore agli affaristi del Tav». Ma il potenziale dell’istanza No Tav esercita un certo fascino anche sul Pd, favorevole al treno veloce, che in Piemonte schiera al Senato Stefano Lepri, candidato grazie al contributo dei militanti pd della Valsusa, contrari al treno veloce. Gli ultimi comunicati del Movimento 5 Stelle sono all’insegna del voto utile all’incontrario. Se Grillo vince il premio di maggioranza al Senato, resta fuori il candidato pd e parlamentare uscente Stefano Esposito, forse il politico che più si è speso a favore dell’alta velocità . Una campagna contra personam. «Il radicalismo No Tav è sempre stato finalizzato a ragioni elettorali» dice il diretto interessato. «Oggi ne abbiamo la conferma. Sel ne ha fatto una bandiera, Ingroia pure. Ma l’unico che prenderà voti sarà Grillo».
Già . La primogenitura è sua, fin dal fatale 2010, quando il successo in valle del neonato M5S costò la riconferma in regione a Mercedes Bresso, la zarina del Pd. Le sue liste piemontesi sono zeppe di militanti. «È sempre stato con noi, giusto che vada all’incasso» sostiene Alberto Perino, volto noto dei No Tav. «Gli altri mi sembrano un po’ in contraddizione tra loro» aggiunge con una punta di malizia. Sono gli effetti collaterali di un abbraccio che dopo, a urne chiuse e primavera inoltrata, quando ricomincerà la lotta contro il cantiere, rischia di creare molto imbarazzo. In valle, dove sono tutto fuor che stupidi, hanno convocato una manifestazione per il 23 marzo. Non è un caso.
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