La Regione degli sprechi: 15 milioni di premi illegittimi
ROMA — La Regione degli scandali è anche una Regione fuori legge: spese cresciute a dismisura, bilanci poco chiari, società partecipate in crisi, violazione delle norme sull’assunzione del personale, premi assegnati illegittimamente a dirigenti, senza che venissero fissati gli obiettivi da raggiungere. Un lungo elenco di irregolarità , violazioni e discutibili aumenti di costi avvenuti nel Lazio tra il 2007 e il 2011, tra la seconda metà dell’amministrazione guidata da Piero Marrazzo e i primi due anni di quella presieduta da Renata Polverini.
Prima ancora di Franco Fiorito e di Vincenzo Maruccio, prima dello svelamento del sistema dei fondi ai gruppi consiliari che ha visto entrare a Regina Coeli l’ex capogruppo del Pdl e l’ex capogruppo dell’Idv, il Lazio, dunque, era già finito sotto accusa: due ispettori della Ragioneria dello Stato sono stati inviati lo scorso giugno a fare le pulci ai bilanci e alle spese per il personale della macchina regionale. Con risultati disastrosi, trasmessi all’inizio di quest’anno alla procura presso la Corte dei Conti: una relazione dettagliata di oltre 300 pagine che rappresentano un cahier de doléances firmato da due ispettori, Luciano Cimbolini e Vito Tatò.
I documenti elaborati fotografano la situazione di una Regione che si ritrova sulle spalle il fardello di un indebitamento complessivo di 11 miliardi di euro e di un deficit sanitario di 700 milioni. Gli ispettori della Ragioneria sono andati a scavare attorno a queste macro cifre, scoprendo che, in 5 anni, la spesa per le consulenze del Consiglio è cresciuta del 493% (da 1,35 a 8 milioni di euro), quella per posta, telefoni e cancelleria segna un +226% (da 10,8 milioni a 35,2), quella per il funzionamento dei gruppi consiliari + 35% arrivando ai 14 milioni del 2011.
Inoltre, come se non bastasse, c’è la parte dedicata alle spese per il personale, con giudizi pesantissimi. Scrivono gli ispettori: «Risulta evidente come gli atti regolamentari e amministrativi abbiano sconfinato oltre il limite dell’autonomia decisionale e organizzativa regionale, per superare i cogenti limiti individuati dalle norme statali e contrattuali in materia di gestione e trattamento economico del personale ». Tra il 2007 e il 2010 la Regione Lazio ha utilizzato 6 milioni e 300 mila euro per «finanziare illegittime procedure di stabilizzazione» degli LSU, i lavoratori socialmente utili. Ancora: c’è stata una «illegittima corresponsione ai titolari di posizioni organizzative e di alta professionalità , della retribuzione di risultato in assenza della prescritta preventiva assegnazione degli obiettivi da raggiungere per complessivi 15 milioni e 250 mila euro nel periodo 2007-2012».
Laconico il commento degli ispettori: «Appare evidente che, anche per i titolari di incarichi di posizione professionale e di alta professionalità , la corresponsione della retribuzione di risultato non sia stata fondata su una puntuale verifica del grado di raggiungimento di obiettivi preventivamente assegnati» ma si sia trasformata in «un incremento generalizzato della retribuzione mensilmente percepita».
Tra le tante violazioni, poi, c’è quella che riguarda la modalità con cui vengono conferiti gli incarichi dirigenziali: in tantissimi casi, tra Consiglio e giunta, non sono state effettuate le prescritte procedure selettive, molti dirigenti non sono laureati, il numero limite di assunzioni viene costantemente superato, e viene superata anche la durata massima dei contratti. Così, tra un’irregolarità e l’altra, il Lazio va alle urne tra una settimana. A chi arriverà , il compito (che gli ispettori definiscono «ineludibile») di «riportare la gestione in linea con le regole e i limiti previsti a livello nazionale, anche per ottenere risparmi di spesa che consentirebbero di rispettare in modo più agevole i vincoli di finanza pubblica».
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