by Sergio Segio | 22 Febbraio 2013 8:55
Queste previsioni costituiscono la base per avviare le procedure di sorveglianza economica nel quadro del semestre europeo, in altri termini l’eventuale messa sotto controllo dei bilanci nazionali, contropartita per gli aiuti concessi ai paesi dell’eurozona in caso di difficoltà .
Mercoledì Consiglio e Europarlamento hanno trovato un accordo sul Two Pack, che dovrà essere trasformato in legge europea a marzo, per dare alla Commissione maggiori poteri di controllo rafforzando il Fiscal Compact: Bruxelles potrà chiedere ai paesi in deficit eccessivo (al momento Spagna, Francia e Olanda) di modificare la finanziaria, prima che questa venga sottoposta al voto dei rispettivi parlamenti nazionali. L’Europarlamento ha ottenuto in cambio qualche briciola in favore della crescita, ma Strasburgo ha ancora in mano la carta della possibile bocciatura del bilancio pluriennale della Ue, ridotto all’incirca all’1% del pil dell’Unione nell’ultimo Consiglio.
L’Italia non è sottoposta a questo controllo, perché i tagli del governo Monti hanno in effetti ridotto il deficit, ma deve comunque rispondere per il debito eccessivo, aumentato nell’ultimo anno. Per il momento, Spagna, Grecia e Portogallo hanno ottenuto un anno in più per rispettare gli impegni, che sulla carta restano quelli del vecchio trattato di Maastricht: portare il deficit entro il 3% del pil e il debito al 60%. In Europa, il solo paese che non ha nessuna tutela è la Germania, che difatti ha imposto le regole (quando non le ha potute rispettare, nel 2003, ha sforato senza porsi troppi problemi). Grecia, Portogallo e Irlanda sono ancora in coma, sotto controllo, e pagano così il salvataggio di cui hanno beneficiato da parte dei partner.
Per l’Italia post-elettorale sarà estremamente interessante osservare quello che succede in Francia. Il governo Ayrault sembra con le spalle al muro, obbligato ad operare tagli alla spesa che non aveva previsto. E’ molto difficile però che la Commissione decida di multare Parigi per il mancato rispetto, quest’anno, del rientro del deficit entro il 3% (le previsioni di Bruxelles sono intorno al 3,6%). La “multa” sarebbe enorme, quasi di 4 miliardi. Il negoziato si annuncia difficile, anche se la Francia fa valere il rispetto, quest’anno, dell’impegno di ridurre di più dell’1% il deficit strutturale. Il governo ripete che non ci sarà rigore addizionale. Paradossalmente, mentre la destra si appoggia sulle indiscrezioni che arrivano da Bruxelles sulla revisione al ribasso delle previsioni di crescita per attaccare il governo, Standard & Poor’s, che nel gennaio 2012 aveva degradato la Francia togliendole una A (ora è classificata AA+), adesso afferma che Parigi molto probabilmente eviterà di essere posta sotto sorveglianza negativa. Evidentemente S&P, come la Commissione, giudica “positiva” la proposta di riforma del mercato del lavoro, il patto di competitività che limiterà il diritto del lavoro.
La morsa è ineluttabile? Una maggiore forza del fronte progressista nei paesi europei favorirebbe un approccio meno sclerotico, mettendo al centro l’occupazione, evitando al tempo stesso il ricatto dei mercati a cui sono sottoposti i paesi in deficit. Poco per volta, del resto, qualcosa si muove: la Bce è intervenuta per 218 miliardi in acquisto di titoli di debito pubblico, 103 dei quali in favore dell’Italia, con l’acquisto di Bot.
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