La nuova spesa degli italiani

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ROMA — Il notebook, cioè il computer portatile, viene sostituito dal phablet, l’incrocio fra smartphone e tablet. Se le parole inglesi sono troppe basta tradurre con evoluzione delle specie. Il brandy cede il passo ad amaro e reintegratori energetici, quelli da usare quando si fa sport. Escono i diari di scuola, le agende, la mediazione civile e (dopo quelli secchi spariti nel 1999) pure i fichi freschi. Entrano la lettiera per gatti, la corsa in taxi per l’aeroporto, l’aceto balsamico e la lampada da tavolo.
Anche quest’anno l’Istat dà  una rinfrescata al suo paniere, quasi 1.500 beni utilizzati dall’Istituto nazionale di statistica per disegnare la mappa della spesa delle famiglie italiane e calcolare l’inflazione. Ci sono correzioni minime, come il filetto di merluzzo surgelato che prende il posto del nasello surgelato, o la pancetta confezionata che sostituisce quella tagliata al bancone, che evidentemente non usa più. Altre che raccolgono le strategie di difesa degli italiani contro la crisi: come l’ingresso del metano per auto, sempre più diffuso visto il prezzo della benzina. Altre ancora che, più semplicemente, fotografano il cambiamento dei gusti dei consumatori: il computer portatile, dice l’Istat, è uscito dal paniere perché «si è ridotta la spesa delle famiglie destinata a tale bene». Tra tablet e smartphone, cioè, non lo compra più nessuno e quindi è stato degradato al rango di bene non più rappresentativo. Se vi state chiedendo perché mai sia uscita pure la mediazione civile e, anzi, proprio cosa sia questa mediazione civile, ecco la risposta: si tratta di una soluzione alternativa al tribunale per risolvere una lite giudiziaria. E non viene più tenuta d’occhio dall’Istituto di statistica perché pochi mesi fa una sentenza della Corte costituzionale ne ha cancellato l’obbligatorietà , prevista in un primo momento per alcune materie. Non rappresentative neppure queste. Nella categoria certificati anagrafici entra il passaporto, in quella abbigliamento per bambino si aggiungono tuta, pigiama e pullover. L’aceto già  c’era ma adesso viene diviso in due voci: balsamico e di vino.
Ma come vengono decisi tutti questi cambiamenti? L’Istat fotografa la spesa degli italiani nell’anno precedente. Vede quali sono i prodotti in crescita, quali in calo, segnala quelli nuovi, quelli spariti. E poi assegna ad ogni voce un peso specifico. Nel paniere 2013 diventano più importanti la casa e il ristorante, meno la salute, i vestiti e i trasporti. Forse inevitabilmente l’aggiornamento arriva un po’ in ritardo rispetto ai cambiamenti delle mode e delle necessità . Per dire, solo nel 1996 i bastoncini di pesce hanno scalzato la trippa, l’autoradio ha invece resistito fino al 2005, mentre la badante e i voli low cost sono stati aggiunti tre anni fa. Ma, secondo Codacons, il vero problema è un altro. «I pesi dei prodotti — dice l’associazione dei consumatori — non sono stati adeguati alle nuove abitudini dopo la crisi, con il risultato di sottostimare le spese sostenute di 256 euro l’anno». La polemica non è nuova, il Codacons ha sempre accusato l’Istat fin dai tempi del passaggio dalla lira all’euro. Ma l’associazione non è mai riuscita a provare le sue accuse.
Proprio ieri l’Istat ha comunicato i nuovi dati sull’inflazione. A gennaio il tasso su base annua ha registrato una nuova frenata, la quarta di fila, fermandosi al 2,2% dal 2,3% di dicembre. Siamo al livello più basso negli ultimi due anni. Questo non vuol dire che i prezzi non salgano ma, semplicemente, che crescono un po’ meno. Stessa tendenza per il cosiddetto carrello della spesa, cioè i prodotti acquistati più spesso: l’aumento su base annua registrato a gennaio è stato del 2,7%, in frenata se guardiamo a quello fatto segnare un mese fa, il 3,1%. Ma se spostiamo la lente e consideriamo soltanto gli alimentari siamo al risultato peggiore degli ultimi quattro anni con un +3,2%. Difficile che l’uscita dei fichi secchi o la sostituzione del nasello surgelato con il merluzzo surgelato incida in qualche modo su questo risultato.


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