La Lombardia divide i montiani Il premier dice no al voto disgiunto

by Sergio Segio | 10 Febbraio 2013 8:30

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MILANO — Candidarsi alla Camera (o al Senato) nella lista di Mario Monti e scegliere Umberto Ambrosoli, l’avvocato che corre per il centrosinistra, nella battaglia per il Pirellone. Effetti e paradossi del voto utile, la ricetta anti-Lega che ha preso a spopolare in certi ambienti «moderati» e che sta però spaccando la stessa coalizione del premier uscente. Parola d’ordine (dei dissidenti): «Non consegnare la Lombardia a Maroni e il blocco delle tre Regioni del Nord al Carroccio».
La tentazione s’è fatta moda, il voto disgiunto ha guadagnato seguaci e testimonial d’eccezione. Solo ieri — l’occasione era un convegno organizzato dal Centro Popolare lombardo, il rassemblement di ex udc guidato da Enrico Marcora e nato proprio per sostenere Ambrosoli — è uscita allo scoperto una mezza dozzina di candidati lombardi di Scelta Civica.
Si attendeva in questi giorni anche l’endorsement di Pietro Ichino, uno dei gioielli del tridente schierato al Senato dal premier (le altre due «punte» sono il ciellino Mario Mauro e, ironia della sorte, lo stesso Gabriele Albertini). L’ex senatore del Pd ieri ha disertato il convegno milanese (forfait però annunciato dalla vigilia) e dribblato poi ogni richiesta di commento. Tutti però scommettono che alla fine nemmeno lui si sottrarrà  a un pubblico appello di voto in favore di Ambrosoli.
Chi non ha per niente gradito le notizie arrivate dal convegno milanese è proprio Mario Monti. La scelta «utile» doveva al limite rimanere nel segreto dell’urna. «Il voto disgiunto — è il ragionamento del professore — danneggia non soltanto Gabriele Albertini ma anche me, è un suicidio politico». Tesi confermata da Mario Sechi, spin doctor del premier: «Monti è contrario al voto disgiunto in Lombardia e sarà  lui a confermarlo domani (oggi per chi legge, ndr) a Milano». Conclusione secchissima: «Le alchimie non sono il nostro mestiere».
Una presa di distanza che ha il sapore di un bluff, attacca però il pdl Maurizio Gasparri: «Monti è patetico. Lui è al servizio della sinistra e questa vicenda lo dimostra. Votare lui è come votare Pd-Sel».
E Maroni? «Accetto scommesse», dice il leader leghista: «Molti non voteranno per Berlusconi alle Politiche ma sceglieranno me in Lombardia. Sono cose da vecchia politica, comunque. Ciriaco De Mita aveva più dignità  di questi signori».
«Si tratta semplicemente di un voto disgiunto dalle promesse del passato», suggerisce invece Umberto Ambrosoli, il presunto beneficiario della strategia. Gabriele Albertini, il presunto danneggiato, è convinto però che alla fine tutta questa storia avrà  esiti diversi. Il «Monti di Lombardia» (autodefinizione) ora ha deciso di passare al contrattacco: «I nostri elettori non seguiranno questi soloni da salotto che pensano di essere sempre più intelligenti degli elettori. Se pensano di dare una spinta in avanti ad Ambrosoli, l’unica spinta che gli daranno è quella verso il burrone».
La primogenitura spetta di diritto a Ilaria Borletti Buitoni, l’ex presidente del Fai, testa di lista in Lombardia di Scelta Civica. È stata lei, lunedì scorso, a teorizzare via Twitter lo «sdoppiamento» della preferenza elettorale: «In Lombardia voterò Ambrosoli perché solo lui può fermare la rimonta della coalizione Lega-Berlusconi-Formigoni».
Al convegno organizzato ieri in un salone di un notissimo hotel di piazza della Repubblica si sono visti anche due volti assai conosciuti nella politica anni 80 e 90: Giorgio La Malfa e Ombretta Fumagalli Carulli.
L’ex signora del Ccd è stata la più sorprendente: «No, niente voto disgiunto per quanto mi riguarda. Io voterò Ambrosoli in Lombardia e Pd alle Politiche».

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