La destra: «Scompariranno le misure sociali»»

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Venerdì, il ministro della Pianificazione e delle Finanze, Jorge Giordani, ha annunciato la svalutazione del 31,75 per cento della moneta nazionale venezuelana, il bolivar, che passa da 4,30 a 6,30 nei confronti del dollaro Usa. Una decisione che gli economisti si aspettavano e che giudicavano inevitabile per risolvere una situazione monetaria fluttuante e vulnerabile, ma che sta suscitando roventi polemiche tra governo e opposizione. Secondo Giordani, la misura è stata decisa dal presidente Hugo Chà¡vez, ancora convalescente a Cuba dopo il quarto intervento per il tumore di cui soffre dal 2011. Pur assente dall’8 dicembre, Chà¡vez sta progressivamente recuperando, firma i provvedimenti governativi, e in questa occasione – ha detto il vicepresidente Nicolas Maduro – chiede ai suoi compatrioti «un grande sforzo».
Per il ministro degli Esteri, Elias Jaua, la svalutazione – la quinta da quando è stato instaurato il controllo dei cambi, dieci anni fa – è un incentivo alle esportazioni, necessaria per affrontare la sfida posta dall’integrazione del paese nel Mercosur. Il Venezuela fa parte del Mercato comune sudamericano – che comprende Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay (provvisoriamente sospeso dopo il «golpe istituzionale» contro l’ex presidente Fernando Lugo) – dal dicembre 2012. Attraverso l’incremento di blocchi economici e politici a livello regionale o continentale, il governo bolivariano cerca di controbilanciare «gli attacchi speculativi» del capitale finanziario nazionale e internazionale contro la sua moneta e la sua economia: quella di un paese che si muove verso «il socialismo del XXI secolo», ma in una cornice ancora sostanzialmente capitalista. Nei piani chavisti, ora le importazioni verrano razionalizzate e canalizzate attraverso la Comision de Administracion de Divisas (Cadivi), e la svalutazione correggerà  le storture, favorendo la produzione interna, un miglior rapporto tra spesa pubblica e recupero fiscale, e favorirà  la crescita a medio termine dell’economia.
L’opposizione riunita nella Mesa de la unidad democratica (Mud), accusa invece il governo di aver sprecato il denaro nell’organizzare le tornate elettorali e nella solidarietà  internazionale: il livello del deficit pubblico – sostiene – si aggira intorno al 10% del Pil e il dollaro, al mercato nero, viene scambiato a 20 bolivar, ossia tre volte il suo valore. Henrique Capriles Radonski, il cui programma elettorale ruotava intorno alla cancellazione delle misure sociali messe in campo dal governo, ora si erge a paladino dei piani sociali, e accusa il governo di voler distruggere quanto ha costruito. Richiama addirittura «el Paquetazo», il pacchetto di misure economiche neoliberiste erogate da Carlos Andrés Pérez su indicazione del Fondo monetario internazionale nell’89. Allora, il valore del salario scese del 50%, l’inflazione aumentò di oltre 30% e il paese precipitò nel caos. Il 28 febbraio la popolazione affamata dagli spropositati aumenti dei prezzi, scese in piazza, dando luogo al «Caracazo».
Le misure sociali non si toccano, risponde il campo chavista: il Plan Patria 2013-2019 ne prevede anzi l’incremento e un miglior utilizzo della valuta serve per costruire l’economia nazionale, sviluppare l’agricoltura e consolidare la riforma agraria, accelerando il ritmo di una «rivoluzione» che deve entrare in una nuova tappa.


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