La Corte dei conti boccia il fisco pesante ma non la sanatoria
ROMA — Tasse e corruzione minacciano l’economia italiana. La pressione fiscale è troppo alta e frena la crescita, mentre tangenti e favoritismi sono diventate «un problema sistemico, che si annida in tutte le pieghe della pubblica amministrazione» e oltre a creare un danno d’immagine evidente, ma di fatto non più perseguibile, «pregiudica l’economia del Paese» ha detto ieri il presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino.
Questa volta l’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte cade in piena campagna elettorale, e insieme alle raccomandazioni al nuovo esecutivo, di qualunque colore sarà , a mantenere diritta la barra del risanamento senza eccedere nella tentazione di alzare ancora le tasse, dalla magistratura contabile emergono anche le prime valutazioni di massima sulle proposte di politica economica dei candidati. A cominciare dal condono fiscale tombale sollecitato da Silvio Berlusconi, rispetto al quale dalla Corte arrivano considerazioni positive, almeno dal punto di vista teorico.
«Non posso né voglio esprimermi sulla politica economica del governo» premette il Procuratore Generale Antonio Nottola, «perché il nostro compito è quello di segnalare semmai difficoltà di applicazione delle leggi quando sono state varate». In passato, aggiunge, «non sempre tutto il gettito dei condoni è stato effettivamente incassato, e in quel caso il condono si risolve sostanzialmente in una sanatoria generale per il mancato pagamento delle imposte. Ma il condono ha anche le sue ragioni: serve a deflazionare il contenzioso, e a realizzare rapidamente introiti che altrimenti sarebbero difficilmente realizzati. Le motivazioni del condono sono intuitive e fondate. Se poi funziona o meno dipende dalla normativa. In ogni caso è una cosa diversa dal condono edilizio, che sarebbe proprio da evitare» ha detto Nottola. Che se non ha dato «un avviso favorevole sul condono», come precisa poco dopo lo stesso magistrato, certamente non ne ha dato uno contrario.
Eppure quello delle tasse eccessivamente pesanti, notoriamente aggravato proprio dall’evasione fiscale, è uno dei problemi maggiori con i quali l’Italia è costretta a confrontarsi da qualche anno a questa parte. «Il peso del fisco italiano è eccessivo, fuori linea rispetto all’Europa e favorisce le condizioni per ulteriori effetti recessivi» dice il presidente della Corte, Luigi Giampaolino, ricordando che già le ripetute manovre di questi anni rischiano di produrre un avvitamento nell’economia. Colpa, più che delle dimensioni, delle misure contenute nelle varie manovre, spese e entrate, che il nuovo governo dovrà riequilibrare, mantenendo ferma la rotta sul risanamento dei conti pubblici, senza però perdere di vista la crescita e la riduzione della pressione fiscale. Prestando un’attenzione particolare ai controlli. Anche perché ormai, lamenta la Corte, l’esternalizzazione dei servizi da parte degli enti locali, ha messo tutte le municipalizzate, dove corruzione e sprechi si moltiplicano, totalmente al riparo dalla magistratura contabile.
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