La classifica degli incassi Imu, Roma paga il doppio di Milano

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ROMA — Portofino è la numero uno degli oltre 8.000 comuni italiani, ma nella top ten ci sono Forte dei Marmi, Capri, Courmayeur, Pino torinese e Pecetto torinese. E’ in queste località  dove l’Imu, grazie al mix di aliquote alte ed elevata qualità  degli immobili, tartassa di più. In questo caso anche i ricchi piangono: ma è la dimostrazione che la restituzione dei versamenti del 2012 promessa da Silvio Berlusconi della tassa sugli immobili si dimostrerebbe veramente un indebita «regalia».
In cifre assolute, quanto a gettito, il valore non è alto perché si tratta di località  piuttosto piccole, ma se si va a guardare la media dei pagamenti sulle prime case ci si colloca ai vertici: 1.031 euro in media a Portofino; 687 a Pecetto torinese, paese noto alle classifiche dei Paperoni d’Italia, come Pino torinese che ha guadagnato la definizione di Beverly Hills della collina e dove si pagano in media 620 euro a testa.
Niente a che vedere con il povero comune di Zerfaliu, nell’oristanese, Calimero d’Italia, dove si pagano solo 16,14 euro seguito da Valvestino in provincia di Brescia dove si sborsa appena un po’ di più: 16,17 euro.
Ma tra i ricchi e i poveri c’è la grande massa degli italiani: hanno pagato l’Imu 17,9 milioni di prime case, facendo incassare all’erario circa 4 miliardi e richiedendo un sacrificio medio per contribuente di 225 euro a testa. In questo quadro sono le grandi città , con alta densità  abitativa, a dare il segno dell’operazione
«tassa sulla casa». Roma ha incassato dall’Imu, complessivamente ben 2,1 miliardi, mentre Milano ha drenato circa 1 miliardo. Ma se si va a vedere il versamento medio pagato ci si accorge che Roma ha «dolorosamente» battuto Milano: nella Capitale la prima casa è costata il doppio, pari in media a 537,07 euro, mentre a Milano il costo medio è stato 292,29. Ciò dipende, oltre che dalle rendite catastali, anche dal fatto che Milano, a differenza di Roma dove l’aliquota per tutte le case è pari al 5 per mille, ha adottato un modello «progressivo», ha mantenuto l’aliquota sulla prima casa al 4 per mille per le abitazioni civili ed economiche, ha ridotto quella per le popolari e ultrapopolari al 3,5 per mille e ha alzato al 6 per mille quella per le case di lusso.
Qualche sorpresa viene anche dalla classifica delle città  capoluogo di provincia, sempre per la prima casa: il primo posto lo conquista Siena, la città  del Monte dei Paschi che chiede ai propri cittadini il versamento medio pro capite più salato d’Italia: 567 euro. Al secondo posto c’è Roma con 537 euro, seguita da Torino (475 euro), da Caserta (424 euro) e da Livorno (410 euro). Tutte cifre che battono abbondantemente la media nazionale ma che non sono da addebitare solo alle aliquote ma anche alla qualità  del patrimonio abitativo e alle rendite catastali.
Spiccano ad esempio gli incassi di comuni che hanno insediamenti specifici come gli aeroporti o le centrali elettriche che pagano l’Imu alla stregua delle case: tra i comuni a vocazione industriale buon incasso si registra, ad esempio, a Montalto di Castro dove è situata una centrale dell’Enel, oppure ad Orio al Serio per via dell’aeroporto.
Infine il sottosegretario all’Economia Vieri Ceriani, che ieri ha presentato i dati in una conferenza stampa, ha definito «comprensibile» la posizione dell’Anci che lamenta la mancanza di 1 miliardo di trasferimenti del Tesoro per un taglio contabile definito «occulto».


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