La cedolare secca non ha funzionato gli affitti in nero sono oltre un milione

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ROMA — L’affitto in nero resta una piaga del nostro sistema tributario. Secondo uno studio della Cgia di Mestre, esistono nel nostro Paese circa un milione di locazioni non dichiarate e la perdita di gettito per l’erario è stata di 5 miliardi nel biennio 2011-2012, cioè da quando esiste la legge che ha istituito la “cedolare secca”.
Il fenomeno, che tra l’altro non considera il milione e mezzo di universitari che vivono fuori sede, testimonia il flop della imposta sostitutiva sul ricavato di una casa ceduta in affitto, varata dal governo di centrodestra nel 2011. Il meccanismo prevede l’applicazione di una aliquota fissa, sostitutiva dell’Irpef, sugli affitti degli immobili ad uso abitativo: l’aliquota è pari al 21 per cento e scende al 19 nel caso di affitti a canone concordato. La misura avrebbe dovuto far emergere il “nero”, ma così non è stato: secondo lo studio, nel 2011 il gettito incassato dalla “cedolare secca” è stato di 675 milioni contro gli oltre 3 miliardi attesi e nel 2012 – a fronte di 3,5 miliardi previsti – il fisco ne ha recuperati solo 976. Dunque meno 5 miliardi in due anni.
«E’ l’ennesima dimostrazione – spiega Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre – che il contrasto di interessi non funziona. Possiamo dare agevolazioni e sconti, ma la gente preferisce non pagare nulla piuttosto che pagare poco». Contesta i dati della Cgia la Confedilizia, l’associazione dei proprietari, con il segretario Giorgio Spaziani Testa: «La cedolare non ha avuto l’effetto sperato, ma il mancato gettito non si può addebitare all’evasione, inoltre è arduo calcolare il numero degli affitti in nero ».
Del resto l’intero impianto della normativa anti-evasione sembra ormai a rischio. Il provvedimento sulla cedolare secca prevedeva anche che gli inquilini costretti al “nero” con contratti non registrati potessero denunciare la situazione all’Agenzia delle Entrate e ottenere uno sconto sul canone che può arrivare fino al 70-80 per cento: questa opportunità  è stata sfruttata solo da 3.000 famiglie. Inoltre la stessa possibilità  giuridica di “autodenuncia” sembra a rischio: proprio nei giorni scorsi, il 15 gennaio, il Tribunale di Firenze ha avanzato dei dubbi sulla costituzionalità  della norma in quanto la riduzione del canone comporterebbe anche una riduzione del gettito per lo Stato. «L’unico deterrente – conferma il tributarista Gianluca Timpone consisteva appunto in questa norma contro la mancata registrazione dei contratti di locazione. Ma le pronunce di questo e di altri giudici la pongono in odore di incostituzionalità ».


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